La sessualità è una dimensione complessa. Solitamente gli specialisti distinguono, oltre alla base genetica, anche quella così detta gonadica, quella gonoforica sino a definire come sessualità psicologica quella che si caratterizza e si sviluppa nella relazione con gli altri.
Questo aspetto è di rilevante centralità nello sviluppo educativo della persona. Si estende e si completa in tutta quanta la sfera affettiva e richiede un lungo periodo di apprendimento sociale, nel senso che ciascuno impara a relazionarsi secondo modalità comportamentali sessualmente definite.
Si dice questo per sottolineare quanto sia importante lo scambio di comunicazioni interpersonali per realizzare in termini di padronanza e di equilibrio la propria sessualità. La regola principale, anche e soprattutto in questo campo, è quella della graduale e progressiva differenziazione che conduce alla specializzazione dei ruoli e degli schemi comportamentali: dal “Noi” iniziale, che può anche avere tratti in qualche modo confusivi, si deve procedere ad una sempre più chiara distinzione dell’Tu e dell’Io. E tutto questo non può che procedere all’interno di spazi dialogici significativamente arricchiti dalla più ampia apertura affettiva ed effettivamente vissuti, in modo che l’incontro con l’altro possa essere motivo ed occasione dell’incontro con sé medesimi.
La dimensione più espressiva è quella del dono e quindi della gratuità. Più si è generosi verso l’altro più si scopre la profondità della propria capacità di amare. L’operazione inversa è ingannevole, perché nasconde tratti di possessività persino smisurati.
L’attenzione verso l’altro è incompatibile con qualsiasi atteggiamento di incorporazione. Il primo dono da porgere all’altro è il riconoscimento della sua indipendenza, della sua autonomia e quindi anche della sua distanza.
Educare la sessualità significa educare l’affettività e quindi il cuore stesso della persona, nella sua integralità e nella sua integrità. Senza fratture e senza riserve.