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“Al via la raccolta delle olive in Italia con la produzione di extravergine stimata nel 2019 in aumento dell’80% dopo il crollo storico registrato lo scorso anno”.

È quanto emerge da un’analisi di Coldiretti su stime Unaprol/Ismea in occasione della prima spremitura della Penisola avvenuta con le prime olive anti Xylella a Gagliano del Capo, in Salento, dove grazie al clima c’è stato un anticipo di maturazione.

“Anche se bisognerà fare i conti con il clima e soprattutto con l’andamento delle piogge e delle temperature nei prossimi mesi, a livello nazionale si punta - sottolinea Coldiretti - ad una produzione di oltre 315 milioni di chili, che resta comunque notevolmente inferiore alla media dell’ultimo decennio”.

I primi dati globali provvisori per i principali concorrenti dell’Italia su scala mondiale relativi alla stagione di raccolta dell’olio di oliva 2019/20 evidenziano che la Spagna dovrebbe produrre 1,35 milioni di tonnellate di olio d’oliva, un po’ meno rispetto a 1,77 milioni di tonnellate dell’anno precedente mentre la Grecia raggiungerebbe le 300mila, in crescita rispetto alle 185.000 tonnellate dell’anno precedente.

Rispetto allo scorso anno - sottolinea Coldiretti - stavolta la produzione tornerà a crescere al Centro Sud dover si concentra gran parte del raccolto nazionale mentre è prevista in discesa al Nord. “Bisogna recuperare il pesante deficit italiano potenziando una filiera che coinvolge oltre 400mila aziende agricole specializzate in Italia e che può contare sul maggior numero di olio extravergine a denominazione in Europa (43 Dop e 4 Igp) con un patrimonio di 250 milioni di piante e 533 varietà di olive, il più vasto tesoro di biodiversità del mondo”, afferma il presidente della Coldiretti Ettore Prandini.

“A preoccupare sul mercato - aggiunge Coldiretti - sono anche le importazioni di olio dall’estero cresciute del 12% nei primi cinque mesi del 2019 rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso sfiorando i 234 milioni di chili di cui 3/4 dalla Spagna che fa registrare un balzo record di oltre il 68% di vendite in Italia. Mentre gli accordi commerciali siglati dall’Unione europea - evidenzia l’associazione - non garantiscono che i prodotti importati in Europa rispettino le stesse condizioni di sostenibilità e salubrità che sono richieste ai prodotti fatti nell’Ue”.

 

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