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Non “una mera elencazione di proposte eterogenee”, né “la mera sommatoria delle diverse posizioni assunte dalle forze politiche”, ma “un progetto di governo del Paese”.

Nel discorso con cui si è presentato alla Camera per il voto di fiducia, Giuseppe Conte ha voluto subito marcare una differenza rispetto al metodo del “contratto” che aveva finito per ingessare il lavoro dell’esecutivo giallo-verde. Il Presidente del Consiglio ha insistito molto sul carattere di “ampio respiro”, di “lungo periodo” del programma del governo. Una prospettiva di durata che ovviamente coincide con le ambizioni politiche dei protagonisti ma che corrisponde anche a un’esigenza di stabilità di cui il Paese ha bisogno per la natura degli interventi necessari, non riducibili a provvedimenti occasionali o elettoralistici. Conte ha parlato di “un progetto riformatore che mira a far rinascere il Paese nel segno dello sviluppo, dell’innovazione, dell’equità sociale”, per cogliere “l’opportunità storica di imprimere una svolta profonda nelle politiche economiche e sociali che restituisca una prospettiva di sviluppo, di speranza ai giovani, alle famiglie a basso reddito, oltre a tutto il sistema produttivo”. “La sfida sul piano interno – ha sottolineato – è quella di ampliare la partecipazione alla vita lavorativa delle fasce di popolazione finora escluse” che “si concentrano soprattutto tra i giovani e le donne, particolarmente nel Mezzogiorno”. In questa chiave “scuole e università di qualità, asili nido, servizi alle famiglie, specialmente quelle con figli, saranno le prime levi sulle quali agire”. E a questo proposito Conte ha annunciato che il governo “si adopererà con le Regioni per azzerare totalmente le rette per la frequenza di asili nido e micro nidi”.

Per il suo discorso programmatico, il Presidente del Consiglio ha naturalmente attinto ai 29 punti dell’accordo politico fra i tre partiti (M5S, Pd e Leu) che rappresentano la nuova maggioranza, con una particolare accentuazione per i temi dell’innovazione e della sostenibilità ambientale.

Troviamo quindi l’indicazione di una politica economica espansiva ma rispettosa delle compatibilità finanziarie, fin dalla prossima legge di bilancio; il taglio delle tasse sul lavoro (il cosiddetto “cuneo fiscale”) unito a una rimodulazione delle aliquote per alleggerire il carico sui contribuenti e a una lotta più efficace all’evasione; una politica estera fondata su un ruolo costruttivo e da protagonista dell’Italia in Europa, per promuovere le riforme necessarie a partire dal patto di stabilità, e sul rapporto tradizionale con gli Stati Uniti, ma senza chiudersi al dialogo con tutti, all’insegna di un “multilateralismo efficace”; una revisione delle politiche di gestione dei flussi migratori, che coniughi rigore e lotta ai trafficanti da un lato, capacità di integrazione dall’altro, ipotizzando anche “corridoi umanitari europei”; misure di sostegno alla natalità e per contrastare il declino demografico, a cominciare dall’assegno unico per le famiglie; e poi via via tutti gli altri temi, compreso il completamento di un pacchetto di riforme istituzionali, in primis la riduzione del numero dei parlamentari, da integrare con una modifica della legge elettorale. Sul terreno di queste riforme, del resto, si giocherà molto del futuro del secondo governo Conte, della sua capacità di rivitalizzare il nostro sistema democratico e di arginare la spinta dei sovranismi e dei populismi, che restano forti nonostante qualche battuta d’arresto.

Non è un caso che il Presidente del Consiglio abbia fatto precedere l’esposizione dettagliata dei punti programmatici dal richiamo a quei principi iscritti nella Costituzione che ha definito “non negoziabili” perché si collocano “in una dimensione sovragovernativa” e “non hanno colore politico”: il primato della persona, i doveri di solidarietà, il lavoro come supremo valore sociale, l’uguaglianza, il principio di laicità e la libertà religiosa, il ripudio della guerra.

Così pure il proposito di lasciarsi alle spalle “il frastuono dei programmi inutili, delle dichiarazioni bellicose e roboanti” e di adottare “un lessico più rispettoso delle persone e della diversità delle idee”, è chiaramente funzionale a individuare uno stile radicalmente alternativo a quello di Salvini, che resta il riferimento negativo di tutta la narrazione del premier.
Mentre fuori da Montecitorio Lega e Fratelli d’Italia portavano in piazza la loro protesta contro il nuovo esecutivo, anche all’interno dell’Aula della Camera i deputati leghisti hanno rumoreggiato più volte, interrompendo ripetutamente il discorso di Conte e costringendo il presidente dell’Assemblea, Roberto Fico, a continui richiami. A un certo punto, mentre dai banchi della Lega si gridava a squarciagola “elezioni, elezioni”, Fico ha chiesto che fosse consentito al Presidente del Consiglio di proseguire e tagliato corto con una frase lapidaria: “E’ democrazia parlamentare, questa”. Appunto.

 

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