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Una precisazione della Santa Sede circa alcuni virgolettati attribuiti Eugenio Scalfari a Papa Francesco in un articolo pubblicato ieri sul quotidiano “La Repubblica” a proposito del Sinodo per l'Amazzonia.

“Come già affermato in altre occasioni - ha precisato ieri mattina il direttore della Sala Stampa della Santa Sede, Matteo Bruni, rispondendo alle domande dei giornalisti - le parole che il dottor Eugenio Scalfari attribuisce tra virgolette al Santo Padre durante i colloqui con lui avuti non possono essere considerate come un resoconto fedele di quanto effettivamente detto, ma rappresentano piuttosto una personale e libera interpretazione di ciò che ha ascoltato, come appare del tutto evidente da quanto scritto oggi in merito alla divinità di Gesù Cristo”.

Commentando il Sinodo in un pezzo dal titolo “Francesco e lo spirito dell’Amazzonia” il fondatore del quotidiano attribuisce infatti al Papa opinioni sconcertanti. Scive fra le altre cose Scalfari: “Chi ha avuto, come a me è capitato più volte, la fortuna d’incontrarlo e di parlargli con la massima confidenza culturale, sa che Papa Francesco concepisce il Cristo come Gesù di Nazareth, uomo, non Dio incarnato. Una volta incarnato, Gesù cessa di essere un Dio e diventa fino alla sua morte sulla croce un uomo».

E ha proposito dell'espressione evangelica “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?” egli liberamente così interpreta: “Quando mi è capitato di discutere queste frasi Papa Francesco mi disse: 'Sono la prova provata che Gesù di Nazareth una volta diventato uomo, sia pure un uomo di eccezionali virtù, non era affatto un Dio'”.

“Davvero – commenta Avvenire - quella di Scalfari, un’interpretazione troppo libera e palesemente irreale, al punto da meritarsi una 'correzione'”.

“Del resto - prosegue il quotidiano dei vescovi italiani - per capire che le espressioni attribuite al Pontefice non potevano essere reali sarebbe bastato recuperare le parole del Papa, ripetute in più occasioni. Poteva essere sufficiente anche solo riprendere pochi passaggi dell’udienza generale del 18 dicembre 2013: “Dio ha voluto condividere la nostra condizione umana al punto da farsi una cosa sola con noi nella persona di Gesù, che è vero uomo e vero Dio. Ma c’è qualcosa di ancora più sorprendente. La presenza di Dio in mezzo all’umanità non si è attuata in un mondo ideale, idilliaco, ma in questo mondo reale, segnato da tante cose buone e cattive, segnato da divisioni, malvagità, povertà, prepotenze e guerre. Egli ha scelto di abitare la nostra storia così com’è, con tutto il peso dei suoi limiti e dei suoi drammi. Così facendo ha dimostrato in modo insuperabile la sua inclinazione misericordiosa e ricolma di amore verso le creature umane. Concetti ribaditi a Caserta il 28 luglio 2014: «L’Apostolo Giovanni è chiaro: 'Colui che dice che il Verbo non è venuto nella carne, non è da Dio! È dal diavolo'. Non è nostro, è nemico! Perché c’era la prima eresia - diciamo la parola fra di noi - ed è stata questa, che l’Apostolo condanna: che il Verbo non sia venuto nella carne. No! L’incarnazione del Verbo è alla base: è Gesù Cristo! Dio e uomo, Figlio di Dio e Figlio dell’uomo, vero Dio e vero uomo”.

 

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