“Si aggira il fatto che l’interruzione della gravidanza vada eseguita in condizioni di sicurezza per la donna, prevedendo la legge 194 il ricovero fino all’interruzione della gravidanza che nell’aborto chirurgico coincide con l’asportazione del feto”.
È il parere espresso da Alberto Gambino, presidente di Scienza & Vita e prorettore vicario dell’Università europea di Roma, a seguito della decisione del ministro della salute di aggiornare le linee guida per la somministrazione della Ru486 in day hospital e fino alle nove settimane.
“Consentire invece - prosegue il giurista - che la pillola Ru486 sia somministrata in ospedale e poi la donna possa uscirne ed espellere l’embrione-feto in privato e in totale solitudine, con rischi di gravi e fatali emorragie, è un modo per ridurre la portata della norma di garanzia per la donna, dettata soprattutto dall’interesse di diminuire i costi della procedura abortiva, riducendo i giorni di ricovero”.
“Si sottovaluta inoltre - conclude Gambino - anche l’impatto sociale del dramma dell’interruzione della gravidanza, che con questa procedura lampo si vorrebbe rendere sostanzialmente una pratica ‘fai-da-te’, ma che certamente non si attenua normalizzando l’aborto, i cui strascichi psicologici accompagnano la vita di chi lo ha praticato, ma soltanto con un’efficace opera di prevenzione su cui il legislatore è da anni gravemente inadempiente”.