“Il nostro ordinamento giuridico riconosce l’uguaglianza di ogni essere umano e la sanzioni per ogni atto di violenza.
Lo afferma Laura Palazzani, ordinario di Filosofia del diritto alla Lumsa di Roma, parlando del testo unificato Zan contro la omotransfobia, che aggiunge: “lo stesso codice penale prevede una maggiore punibilità in presenza di motivazioni del reato che assumano un disvalore particolare (l’aggravante generale dei ‘motivi abbietti o futili’ art. 61 n. 1), riferibile anche a omofobia e transfobia. In questo senso, la legge è inutile”.
“Peraltro se l’obiettivo della legge è l’inclusività sociale nei confronti di chi fa scelte che possono non essere condivise - osserva la docente -, il percorso non è quello intimidatorio, ma semmai quello di una efficace ‘prevenzione’ nei confronti degli atti offensivi, che si può attuare mediante una formazione culturale alla accoglienza. In questo senso, il ‘sospetto’ è che sia una legge ‘ideologica’, ossia voluta da chi sostiene alcune opinioni precise, che potrebbero non essere chiare a tutti i cittadini”.
Anche la terminologia usata è ambigua. Ad esempio, il termine “fobia”: “Un termine forse chiaro per la psicologia, ma non certo per il diritto, tantomeno il diritto penale che dovrebbe sempre essere ‘determinato’ - evidenzia Palazzani. Ma soprattutto le ambiguità sono nelle espressioni ‘orientamento sessuale’ e ‘identità di genere’. ‘Orientamento sessuale’ indica ogni ‘direzione del desiderio’ (ma la genericità rischia di includere ogni orientamento, incluso pedofilia o incesto?): si dovrebbe scrivere in modo più chiaro ‘omosessualità’ e ‘bisessualità’, che sono orientamenti sessuali specifici”.
“Identità di genere” è “equivoca: qui ‘genere’ non significa, come nella grammatica italiana, la differenza tra maschile e femminile, ma si riferisce a “‘identità’ psicosociale ‘scelta’, che può non essere quella ‘naturale’ del nascere, che include la dimensione ‘transgender’: ma allora perché non scrivere direttamente transgender?”.