Sì, la rete ci fa intelligenti ma dobbiamo essere molto critici: come educhiamo le persone ad essere responsabili? La rete sta cambiando il nostro cervello.
Ogni giorno navighiamo sul web, passando da un sito all’altro, a caccia di notizie, documenti, video; ma non ci rendiamo conto che la rete ci sta riprogrammando a sua immagine e somiglianza, arrivando a plasmare la nostra stessa attività celebrale.
La prima cosa che notiamo è che l’indebolimento all’attenzione alla lettura continuata: non riusciamo più a farlo perché viviamo sempre e in maniera costante on-life. I personal computer, gli smartphone e tutti i mezzi tecnologici del quale ormai ci serviamo per comunicare ci fanno comprendere che sono dispositivi, connessi alla rete con una facilità unica e che hanno il potere di un’influenza molto maggiore rispetto a quanto si vive nell’esperienza reale. La tecnologia sta cambiando il nostro cervello.
La rete può a buon diritto essere considerata la più potente tecnologia di alterazione della mente mai diventata di uso comune, con la sola eccezione dell’alfabeto e dei sistemi numerici; perlomeno, è la più potente arrivata dopo il libro.
Così Nicholas Carr nel suo libro, “Internet ci rende stupidi? Come la rete sta cambiando il nostro cervello” ci racconta come la mente fa il giocoliere quando si deve relazionare con più input. Il web infatti è fatto di link, di collegamenti ipertestuali fino ad arrivare a parlare di “ipermedia”: navigarci richiede una forma di multitasking e ormai quasi vogliamo essere interrotti, perché ogni interruzione ci porta un’informazione preziosa. Ma quante volte dopo aver vissuto tutto la giornata on-life ci viene da dire con Seneca: “Essere ovunque è non essere da alcuna parte”?