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Lo Stato italiano ha debiti mostruosi, più di 2.300 miliardi di euro, cui fa fronte accendendo prestiti.

I primi suoi creditori sono i cittadini medesimi, quelli che “comperano” obbligazioni pubbliche (Bot, Cct, Btp e così via). In cambio di una certa somma, i cittadini ricevono una obbligazione con la quale lo Stato si obbliga a restituire, dopo un certo tempo, la somma ricevuta con l’aggiunta di un interesse.

Gli altri creditori sono le banche ed appositi istituti finanziari, in prevalenza europea, ed espressione degli Stati europei. L’Europa, allora, comperando una larga fetta del nostro debito pubblico, di fatto ci salva dal fallimento.

I debiti vanno però restituiti. E se facciamo attenzione a quel che accade sui mercati finanziari, ci accorgiamo che lo Stato italiano, in continuazione, durante tutto l’anno, paga alcuni suoi debiti (le obbligazioni giunte a scadenza) cui aggiunge ovviamente gli intessi. E dal momento che lo Stato non riesce a mettere da parte tutto il danaro che servirebbe per estinguere tutto il debito, si trova costretto ad emettere ogni volta nuove obbligazioni, persino in misura maggiore di quelle che estingue.

Questo spiega perché il debito cresce continuamente, anche a prescindere da sprechi e spese incontrollate. Gli economisti sanno bene che quando il debito supera una certa soglia di criticità, è difficile controllarlo e finisce col generare - esso stesso - altro debito. È quel che sta accadendo oggi all’Italia.

Ovviamente questo preoccupa i nostri creditori, soprattutto gli stranieri, che perciò stanno ben attenti a quel che succede in Italia e qualche volta fanno la voce grossa. Non si tratta di una ingerenza indebita, ma del tentativo di indurre comportamenti virtuosi e comunque tali da funzionare come garanzia per il futuro.

Quando la relazione fra debitori e creditori si fa critica, la risorse principale è la fiducia. Se viene meno la fiducia, viene meno o si attenua notevolmente la disponibilità a coprire il debito altrui e soprattutto viene meno la disponibilità a diminuire la soglia degli interessi. Più è alto il rischio, più si innalzano gli interessi.

E questo lo sanno tutti, persino i risparmiatori italiani che proprio in questi giorni stanno snobbando il nuovo lancio dei cosiddetti Btp Italia: è un brutto segno. Cosa debbono pensare a Strasburgo o a Parigi o a Berlino: se anche gli Italiani non si fidano dell’Italia, perché dobbiamo essere proprio noi a prestare i nostri soldi?

Il rapporto fra garanzie e interessi è un equilibrio estremamente delicato. Nella finanza internazionale viene espresso con un indicatore complessivo: lo spread. Se le criticità aumentano, aumenta lo spread, e se aumenta lo spread non si trova chi sia disposto a prestarci i soldi o, se li prestano, lo fanno ad alto interesse. Ecco perché non giova a nessuno che cresca lo spread.

Né ha senso prendersela con Tizio e con Caio, soprattutto quando si sa che i soldi ci possono venire soltanto con il beneplacito di Tizio e di Caio. 

Mostrare i muscoli e coprire di improperi gli organismi europei è cosa improvvida. È come se chiedessi un aiuto a mio fratello e, mentre quello mette le mani al suo portafoglio per darmi qualche soldo, io lo coprissi di male parole. Sarebbe un gesto incomprensibile.

C’è poi un’altra questione delicata da tenere presente.

Se è vero che aumentando lo spread, si generano maggiori costi; occorre tenere sempre ben presente che gli aumenti dello spread ce li ritroveremo al momento di restituire le obbligazioni. Si calcola che l’aumento dello spread di questi ultimi giorni ci potrebbe costare un maggiore onere di almeno 6 miliardi. Non sono noccioline. Senza contare gli effetti perversi di un possibile circolo vizioso: aumenta il debito, aumenta lo spread, diminuisce la fiducia, i risparmiatori non compreranno Bot, Cct, Btp, ed altre obbligazioni del genere, le banche italiane saranno meno inclini a dare una mano alla Banca d’Italia, anche perché dovranno fare i conti con la caduta delle quotazioni dei titoli di stato, e questo poterà ad un ulteriore aumento del costo del danaro. Le aziende che avranno bisogno di chiedere aiuto alle banche troveranno condizioni più sfavorevoli. Aumenterà il costo delle merci al consumo e sarà più difficile affrontare il mercato internazionale. Sarebbe davvero il baratro.

Per nostra fortuna non siamo ancora a questo punto. Ma occorre fare in fretta e riconquistare la fiducia dei cittadini italiani e dell’Europa.

A perdere la fiducia basta poco, anzi, pochissimo. A riconquistarla ci vuole molto e serve perseveranza e tenacia.

Il popolo italiano è capace di perseveranza e di tenacia. Speriamo che si esca presto dal tunnel e si possa vedere qualche segnale di diminuzione del debito pubblico. Sarebbe un grande straordinario regalo per un popolo che non ha mai smesso di credere nella sua buona stella.

 

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