Oltre un milione e mezzo: è l’esercito delle persone impiegate nel lavoro domestico e di cura nel nostro Paese. Un settore sempre più strategico nell’odierno panorama del mondo del lavoro, che tuttavia non riceve ancora il riconoscimento che gli spetta per la sua rilevanza sociale ed economica.
I lavoratori regolarmente registrati all’Inps sono 864.526mila, di cui l’88,3% di sesso femminile, l’11,7% costituito da uomini. Il 54.4% assunti/e come colf, il 45.6%, come badanti. Del totale, oltre il 73% è di origine straniera, il restante italiana, anche se si registra un aumento degli italiani che hanno segnato un +6.9% nel 2017 rispetto all’anno precedente. Al contrario i lavoratori stranieri seguono un andamento decrescente con un -3.6% nel 2017 rispetto al 2016. Ma secondo l’Oil (Organizzazione internazionale del lavoro), il numero complessivo di chi si prende cura delle nostre case o dei nostri anziani arriva a superare il milione e mezzo perché il 60% per cento di questa forza lavoro è senza copertura previdenziale ed assicurativa.
Dopo avere registrato una vera e propria “esplosione” nell’ultimo ventennio (il totale dei lavoratori domestici e di cura era 270mila nel 2011), il “fenomeno badanti” è oggi a tutti gli effetti un pilastro del welfare, dell’assistenza alla persona presso il proprio domicilio. Un dato rimasto sostanzialmente costante nel tempo, anche se la crisi economica ha determinato un lieve ma progressivo calo dal 2012 nei contratti regolari e un aumento di lavoro sommerso.
A scattare l’istantanea è Acli Colf, durante l’Assemblea nazionale svoltasi a Roma nei giorni scorsi sul tema “Colf e badanti, con noi si muove il mondo”, nel corso della quale Giamaica Puntillo, assistente sociale e attiva dal 2010 come volontaria nella sezione di Cosenza, è stata eletta nuova segretaria nazionale.
Proseguendo nella “fotografia” del comparto, Paesi dell’Est (Ucraina, Romania, Moldova) e Sud-America (Ecuador e Perù) sono le nazioni di provenienza della maggior parte delle donne occupate nel settore. Secondo dati Inps 2017, i lavoratori domestici che provengono dall’Europa dell’Est sono quasi la metà (43,8%). L’8,3% viene da Sud America e America centrale; vi è poi un’importante migrazione legata al lavoro di cura anche da Filippine, Asia orientale e Africa del Nord. Più della metà di questi lavoratori sono concentrati in quatto regioni: Lombardia, Lazio, Emilia Romagna e Toscana. Oltre la metà ha un’età compresa fra i 40 e i 59 anni, il 14% ha più di 60 anni.
Un ambito come si è visto soprattutto “al femminile”, considerato “di serie B, non adeguatamente riconosciuto, nel quale i diritti sono spesso negati e in cui è drammaticamente diffuso il lavoro nero - dichiara Giamaica Puntillo all’indomani della nomina -. Permangono criticità che di fatto rendono difficile equipararlo alle altre professioni: ad esempio l’impossibilità di vedersi riconosciuta la maternità o la malattia”. E ancora, precarietà lavorativa, rischio sfruttamento, difficoltà di relazioni, solitudine ma anche, prosegue Puntillo, “forme di violenza, sia fisica che psicologica, spesso taciute, oltre a retribuzioni talvolta molto basse”.
Così non mancano, soprattutto nelle assistenti familiari conviventi, ripercussioni a livello psicofisico come mal di schiena, burnout, ansia, insonnia, depressione. E poi la crisi delle relazioni familiari: spesso i matrimoni non reggono alla lontananza e il legame con i figli si indebolisce. Di qui il diffondersi della pericolosa illusione delle “mamme Bancomat” che si sforzano di mantenere saldo questo legame ammazzandosi di lavoro per inviare sempre più soldi a casa.
“È importante dare dignità a questo ambito - avverte Puntillo -, continuare a promuovere e tutelare i diritti delle lavoratrici e dei lavoratori anche attraverso campagne di sensibilizzazione che possano renderli consapevoli di questi diritti”.