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“È nella ricerca del suo fine ultimo che l’uomo trova il senso della vita e, quindi, la ragione della felicità. E il fine ultimo è nella vita eterna che si scopre alla luce di Dio” (Cfr. Veritatis Splendor, 72).

Ma che cosa si intende per felicità? La felicità è, per molti versi, inafferrabile, persino indicibile. Ciononostante molti studiosi hanno tentato di definirla.

Se per Platone la parte razionale dell’anima deve guidare le altre due componenti, quella concupiscibile e quella irascibile, in modo che l’anima tenda verso i valori spirituali più alti e possa raggiungere la felicità, per Aristotele la felicità sarà nel vivere secondo ragione: l’uomo non sceglie di essere felice o infelice, ma soltanto i mezzi per raggiungere questo fine. In questa scelta, quindi, l’uomo è libero. Per Epicuro, invece, per possedere la felicità, l’uomo deve liberarsi dalle paure “per affrontare con coraggio l’avvenire”.

‘Felicità’ traduce la parola greca eudaimonia (gr. εὐδαιμονία), una delle parole centrali della filosofia greca antica e poi di quella cui attinsero i Padri e Dottori cristiani.

L’ultima definizione, quella più moderna, considera che una esistenza felice sia nella totalità del vissuto: questo dà la misura della felicità, o infelicità, nella persona in un “ponderato raffronto tra gioie e dolori, entrambi indispensabili per una vita ben temperata”, come afferma Zygmunt Bauman.

Possiamo affermare che nel pensiero della felicità vi è la convinzione che la realtà non sia solo quella che ci appare, per lo meno non sia l’unica possibile. Alla luce di quest’idea possiamo considerare che sia proprio la tensione verso la felicità a renderci tollerabili l’esistenza del limite, del dolore, della violenza e dei tanti mali che possono affliggere l’esistenza.

L’idea di felicità consiste, allora, in una visione di attese, progetti e speranze verso un compimento ancora da venire; intende esprimere e significare la continua proiezione verso il futuro dell’idea stessa di umanità (da compiere, da anticipare o da superare). Infatti l’uomo, al di là della diversità, cerca sempre la pienezza del suo essere, una vocazione naturale a permanere nella propria condizione di dignità e libertà.

 

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