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La pandemia non ha inaugurato l’inizio di una nuova epoca, piuttosto ha manifestato, ancor di più, le caratteristiche positive e negative che contraddistinguono questo nostro tempo.

 

 

 

Essa ci ha chiusi nei nostri “bunker”, ora che ne stiamo venendo fuori, che tipo di mondo troveremo? Ma soprattutto potremmo continuare lo stile di vita precedente? Il libro effettuando una riflessione sul ‘900 si avvale del pensiero di Martin Heidegger, Romano Guardini e Jacques Ellul, per poi aprire delle piste di riflessione sull’oggi, in particolar modo il mondo universitario dove attualmente Luca De Santis lavora, la pastorale svolta in parrocchia e l’osservazione politica su cui lo stesso autore ha riflettuto nelle sue precedenti pubblicazioni.

Don Luca è sacerdote della diocesi di Ugento-Santa Maria di Leuca, assistente pastorale e docente presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore, presso la Pontificia Università Lateranense a Roma e presso l’Issrm don Tonino Bello di Lecce.

È un libro scritto con passione, a tratti intimistico capace di manifestare una prospettiva progettuale sia politica che ecclesiale. Scrive Gianfranco Fabi: «Le pagine di De Santis mettono giustamente in luce l’incapacità delle istituzioni     nel guidare i cambiamenti in modo umanamente corretto. Dall’Unione europea agli Stati nazionali, dai partiti politici alla Chiesa: abbiamo di fronte una realtà che si muove cambiando rapidamente i modi e le forme della convivenza sociale, ma in cui i punti di riferimento rimangono legati a vecchi schemi e a modelli superati dai fatti. E così drammaticamente la partecipazione politica si affievolisce, i partiti politici perdono il consenso popolare, la stessa Chiesa, come sottolinea efficacemente De Santis, continua ad interpretare modelli di presenza non più attuali. Lo si vede - afferma De Santis - nella “chiara divisione esistente all’interno della Chiesa, in particolar modo tra quanto viene manifestato tramite la predicazione evangelico-magisteriale e quanto concretizzato, tramite un certo modo di realizzare la pastorale”. […] È questo il momento in cui appare indispensabile recuperare un’identità. Per non farsi schiacciare dalla logica della dispersione e dell’individualismo, una logica che si appoggia sull’efficienza degli algoritmi e il prevalere della tecnica sulla dimensione umana. Una tecnica che è ormai arrivata a condizionare quei codici del linguaggio che sono fondamentali per un rapporto aperto e costruttivo tra le persone. […] È proprio il bene comune che può e deve diventare la stella polare dell’impegno sociale e dell’educazione dei giovani: “Le istituzioni - afferma De Santis - non devono mai dimenticare il concetto della prossimità e con esso quello del bene comune: riguarda sia le singole persone che i corpi intermedi, come anche il mondo istituzionale: è un bene che non si riversa solo ad alcuni estromettendo altri, ma che ricercato e realizzato anche con sacrificio da parte di tutti manifesta i suoi benefici parimenti su ciascuno”. Nel vortice della società tecnologica è allora importante tornare ai fondamentali, al valore della persona, all’identità e alla dignità di tutti. Di tutti non come indicazione generica, ma comprendendo i valori e quindi il destino di ciascuno».

Nelle librerie dall’8 luglio.

 

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