Ama il cinema, ma non lo guarda ormai più da anni. La sua figura, al contempo, non smette di attrarre e incantare lo sguardo di grandi registi. Parliamo di Jorge Mario Bergoglio, al soglio di Pietro con il nome Francesco dal marzo del 2013.
Conoscitore e appassionato di cinema, dei racconti sociali del neorealismo italiano, nell’intervista a mons. Dario E. Viganò (“Lo sguardo: porta del cuore”, Effatà 2021) Papa Bergoglio ha dichiarato che “i film del neorealismo ci hanno formato il cuore e ancora possono farlo. Direi di più: quei film ci hanno insegnato a guardare la realtà con occhi nuovi”. Una vera “catechesi di umanità”. A ben vedere, questa è proprio la linea che ci permette di perimetrare l’ultimo film del regista Gianfranco Rosi, “In Viaggio” (GUARDA IL TRAILER), ritratto di Papa Francesco attraverso le sue missioni apostoliche. Presentato fuori Concorso alla 79a Mostra del Cinema della Biennale di Venezia e in sala da ieri 4 ottobre, il film si fa sintesi del peregrinare del Papa in quasi dieci anni di pontificato.
ROSI IN CAMMINO CON FRANCESCO
“Il film è il ritratto di un uomo che ci fa guardare oltre e riflettere su temi universali”. Così il regista Gianfranco Rosi, introducendo il suo documentario “In Viaggio”. L’autore negli anni si è imposto come un cantore degli esclusi, incoronato con i suoi film nei principali festival, da Venezia con il Leone d’oro per “Sacro G.R.A” nel 2013 a Berlino con l’Orso d’oro per “Fuocoammare” nel 2016, non dimenticando poi il ritorno al Lido con “Notturno” nel 2020, istantanea sui civili che abitano le terre martoriate tra Iraq, Kurdistan, Siria e Libano.
Rosi si è accostato alla figura e al pontificato di Francesco con il desiderio di raccontare il suo impegno a favore degli esclusi, espressione di una Chiesa da campo. Un samaritano, prima ancora che un pastore. Una figura-faro nell’orizzonte dell’impegno umanitario. Potendo accedere al materiale documentativo messo a disposizione dal Dicastero per la comunicazione della Santa Sede, il regista ha iniziato a comporre la cifra del suo racconto.
“La prima sfida - indica Rosi - è stata trasformare in linguaggio cinematografico filmati realizzati per esigenze televisive. Man mano che il montaggio andava avanti maturava però la necessità di far dialogare il racconto dei viaggi del Papa con materiali di archivi storici e con i frammenti di alcuni dei miei film”.
Rosi ha così (ri)composto, con sguardo analitico ed emozionale, il tragitto di Papa Francesco nei suoi 37 viaggi apostolici, in 59 Paesi. Combinando, con un riuscito “mash-up”, materiale d’archivio vaticano con riprese inedite del regista, invitato al seguito di alcune missioni papali, il doc “In Viaggio” segue una linea precisa, ovvero i temi del pontificato di Bergoglio: periferie, povertà, solidarietà, dialogo, cura del creato, migrazioni, e una ferma condanna alla guerra.
UN PONTEFICE NELLE TRINCEE DELLA VITA
Dopo i racconti delle periferie urbane-esistenziali e quelli dei Paesi infiammati dalla guerra, Rosi prova a compiere un ulteriore passo avanti, confermando il binario narrativo nel segno dell’impegno civile: con “In Viaggio” si accosta a papa Francesco provando a trovare una chiave di racconto rispettosa e al contempo personale. Così, a pochi anni dal ritratto composto dal regista tedesco Wim Wenders, “Papa Francesco. Un uomo di parola” (2018), Rosi mostra il Papa sulla linea di frontiera, proteso nell’atto di incontrare quell’umanità stanca e piegata dalla vita. Si passa dal primo viaggio apostolico a Lampedusa, l’8 luglio 2013, dopo l’ennesima tragedia del mare – dove afferma a gran voce: “In questo mondo della globalizzazione siamo caduti nella globalizzazione dell’indifferenza. Ci siamo abituati alla sofferenza dell’altro” -, alla visita ai territori martoriati dell’Iraq il 7 marzo 2021, dove fa un appello contro le guerre: “riaffermiamo la nostra convinzione che la fraternità è più forte del fratricidio, che la speranza è più forte della morte, che la pace è più forte della guerra”.
“In Viaggio” convince e coinvolge, soprattutto per come Gianfranco Rosi “pedina” - recuperando il modus neorealista, l’approccio zavattiniano - Papa Bergoglio, per come lo segue nelle trincee della vita. A ben vedere, forse il film rischia di soffrire un po’ di “mancanza di originalità”, dovendo maneggiare episodi e filmati assai noti, perché Francesco è un pontefice mediatico, abbondantemente raccontato. L’autore però fa di tutto per evitare il già visto, il facile e di certo il santino, componendo un ritratto sentito e vibrante, quasi un manifesto “politico” dei diritti dei dimenticati.