Di buone sculture non vi è assai in Gallipoli; ad eccezione di quelle di fra Vespasiano Genoino (1552-1637).
Fra queste è famoso per la stranezza dell’esecuzione un Mal ladrone, nella cappella di San Francesco d’Assisi.
Il Genoino vi lavorò soltanto la testa; il corpo fu rivestito di tela, come un arlecchino.
Il volto dipinto al vero riproduce un’espressione, non saprei dire, se più ridicola o disperata d’un furfante che se ne va all’altro mondo.
Leggenda vuole che le vesti del cattivo ladrone si deteriorino esattamente come il peccato corrode l’anima; in realtà ciò è dovuto all’esposizione della statua sul lato di scirocco.
Il Mal ladrone, inoltre, è colui che ha ispirato l’orrida bellezza nella “Beffa di Buccari” (incursione effettuata da motoscafi armati siluranti della Regia Marina contro naviglio austro-ungarico nella baia di Buccari nel 1918) di Gabriele D’Annunzio, che lo vide la sera del 28 luglio 1895 ed il custode si offrì di mostrarglielo illuminato da una candela in cima ad una canna.
Oltre alle statue dei due ladroni Disma (il buono) e Misma (il cattivo), nella nicchia in basso, è invece contenuta la statua del Cristo morto in legno, opera di Diego Villeros.
Il cappellone del Santo Sepolcro è anche detto “Cappellone degli spagnoli”, poiché apparteneva a Giuseppe della Cueva, castellano spagnolo che lo fece ampliare nel 1681, assumendo l’attuale forma.
La decorazione della cappella risale agli anni 20 del ‘700; la tipologia e l’ornato degli stucchi rimanda al gusto di Giuseppe Centolanze che lavorò nell’oratorio dell’Immacolata replicando i decori nel cappellone di San Francesco.