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“Come ci ricorda Papa Francesco nella Laudato si’, le sfide ambientali ci riguardano e ci toccano tutti. La percezione della gravità ambientale è attualmente diffusa tra le popolazioni, ma ancora sottovalutata, anche perché, qui in Italia, non vediamo ancora l’applicazione da parte della classe politica di governo, che pure si era impegnata ad adottare provvedimenti seri con il Recovery Fund”.

 

 

 

Lo ha detto ieri mons. Filippo Santoro, arcivescovo di Taranto e presidente della Commissione episcopale per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia e la pace, intervenendo, in collegamento, al convegno on line, “Custodire le nostre terre. Salute, ambiente, lavoro”, promosso dalla Commissione episcopale per il servizio della carità e la salute, dalla Commissione episcopale per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia e la pace, dagli Uffici nazionali per la pastorale della salute e per i problemi sociali e il lavoro, dalla Caritas italiana, con il coordinamento delle diocesi campane.

“Se è vero che il movimento ecologico mondiale ha scosso già molte coscienze e promosso innumerevoli iniziative a difesa del pianeta, molti sforzi per cercare soluzioni concrete alla crisi ambientale si sono frenati di fronte al negazionismo dei potenti - ha sottolineato il presule -. Abbiamo, pertanto, il dovere di smuovere le coscienze, di invitare i cattolici e tutta l’opinione pubblica a prendere parte a un movimento globale che abbia l’intento di essere strumento di Dio per la difesa del Creato”.

L’arcivescovo ha aggiunto: “La mappa dei 78 siti inquinati del nostro Paese racconta un percorso che si snoda da Nord al Centro e al Sud, senza soluzione di continuità. Un percorso di abusi e di disprezzo della salute delle popolazioni, uno stillicidio di veleni, malattie e morti. Gli anni che abbiamo alle spalle sono quelli dello sfruttamento delle risorse per il mero arricchimento, in spregio al disastro ambientale e al danno sanitario che ci sarebbe stato consegnato”.

Mons. Santoro ha ricordato di “conoscere bene la storia della Terra dei fuochi, l’impegno delle popolazioni e quello della Chiesa locale, che non vogliamo lasciare sola”.

 

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