Si terrà domani 9 gennaio alle 17.30 presso la sala consiliare del comune di San Pietro Vernotico l’incontro sulla legalità a cui parteciperanno Giovanni Impastato, fratello di Peppino Impastato, ucciso dalla mafia nel 1978, Antonio De Donno, Procuratore della Repubblica di Brindisi, e Gianluca Budano, presidente provinciale delle Acli Brindisi, scrittore e ideatore dell’espressione “Patriottismo sociale”.
L’incontro, dal titolo “Patriottismo sociale e/è legalità”, sarà introdotto da Pierfrancesco Elia, Presidente delle Acli di San Pietro Vernotico e Cellino San Marco che hanno organizzato l’evento; seguiranno i saluti del sindaco di San Pietro Vernotico, Maria Lucia Argentieri, di Ermanno Manca, presidente dell’associazione antiracket Sviluppo e legalità di San Pietro Vernotico, e di Anna Maria Scalera, coordinatrice provinciale di “Avviso pubblico - Enti locali contro le mafie”.
La discussione prenderà spunto dal racconto di Giovanni Impastato nel libro “Mio Fratello. Tutta una vita con Peppino”, in cui racconta in prima persona gli anni della sua fanciullezza accanto al fratello maggiore Peppino nel quale si insinua il tarlo del dubbio che lo porta a farsi tante domande e a cercare le risposte spinto dalla sete di verità. Chi è veramente lo zio Cesare (Cesare Manzella, capomafia di Cinisi, suo paese)? Cosa fa suo padre? Dove va e cosa fa quando scompare la sera? Chi sono tutti quegli uomini che lo vanno a cercare a casa sua o a casa dello zio Cesare dove andranno a vivere? Cosa fanno tutti in quel salone per ore e perché si chiudono dentro a chiave?
Giovanni si fa tante domande, a volte le fa anche a suo padre; non sempre riesce a darsi delle risposte, ha bisogno di pensare, di ascoltare e di capire e per farlo chiede spesso aiuto allo zio saggio, lo zio Matteo.
Le idee cominciano ad essere sempre più chiare e Peppino non riesce più a stare zitto; inizia con le sue pubbliche denunce, prima attraverso le pagine de “L’idea socialista”, il suo ciclostilato, poi alza ancora il tiro e con i suoi amici passa alla radio, Radio Aut, dove con la trasmissione “Maffiattopoli” parlano di mafia, di Cinisi e del suo “grande capo” Tano Badalamenti; lo fanno raccontando la verità in maniera cruda o con ironia, in maniera satirica, facendo ancora più male, ridicolizzandoli mentre tutti, nel segreto delle loro case, ascoltano e ridono. È con questo modo di denunciare, insieme alla decisione di presentarsi alle elezioni comunali con la lista di Democrazia proletaria per “fare qualcosa di concreto stando in consiglio”, che Peppino decreta la sua fine: l’8 maggio del 1978 scompare mentre, dicono, voleva far saltare in aria la tratta Palermo-Trapani; fu questa la prima spiegazione che fu data della sua morte, una spiegazione sostenuta da menzogne, depistaggi che ne hanno infangato e sporcato il ricordo.
“Peppino non può morire due volte”! Con questa convinzione il fratello, gli amici e tutti coloro che gli sono stati accanto hanno “vinto” la loro battaglia giungendo alla verità: non è stato un “incidente”, la sua morte è stata ordinata da Tano Badalamenti, il successore dello zio Cesare, anch’egli morto per l’esplosione di un ordigno innescato dalla messa in moto della sua auto, la cui abitazione distava appena cento passi da casa Impastato.
Sono passati quarantacinque anni dalla morte di Peppino ed il fratello Giovanni da venticinque anni percorre l’Italia in lungo ed in largo; ad invitarlo a parlare nel ricordo del fratello sono parrocchie, associazioni, comuni e scuole per educare in giovani, speranza del domani, alla giustizia sociale ed alla legalità.