Questa sera alle 19, nella parrocchia di Santa Lucia in Surbo, l’arcivescovo Michele Seccia presiederà l’eucarestia di ringraziamento per il giubileo sacerdotale di don Antonio Sozzo. Oggi Portalecce pubblica la testimonianza di don Andrea Gelardo, giovane sacerdote cresciuto nella comunità di Arnesano durante il parrocato di don Antonio.
Talvolta capita, quando non si raccontano fatti di cronaca, quando ad esser condiviso non è qualcosa che accade in un punto preciso della storia, soprattutto quando si racconta di qualcun altro, di parlare per frasi fatte, di esprimere concetti deboli, di utilizzare parole di circostanza rese sterili da una retorica che impoverisce e non fa sintesi che è chiusa ad ogni tipo di riflessione.
Mi piacerebbe compiere un esercizio diverso, raccontare con una parola, “banale” come un grazie, una realtà che ha un significato profondo, che ci rimanda ad un senso ulteriore, che ha radice in Dio.
Utilizzerò questa parola “banale”, grazie!
È la parola che un bambino rivolge alla sua mamma, è la stessa parola che l’amato porge alla sua amata, è la stessa parola che, svestita della sua solennità, l’uomo ripete in maniera perpetua sull’altare, è la stessa parola che Dio sussurra alle orecchie del cuore quando la vita che è dono suo, diviene dono riconsegnato a Lui per il prossimo.
Di questa vita dono di Dio riconsegnata a lui per il prossimo, che oggi facciamo memoria, 25 anni, consacrati dalla sua misericordia per amore, solo per amore, 25 anni da quel sì, che chiede di essere rinnovato ogni giorno.
Caro don Antonio, grazie nella maniera più semplice possibile, detto con la stessa semplicità con la quale ci hai insegnato (a me e ad Antonio) a guardare alle cose del mondo, grazie per tutte le volte che ci hai tenuto la mano e l’hai tolta solo per poggiarla sulle nostre teste il giorno dell’ordinazione, grazie perché negli anni in parrocchia sei stato colui che ha custodito e raccolto il buon seme che altri avevano piantato, testimoniandoci che nella Chiesa non esiste nulla di personale, neanche la vocazione, perché il luogo più bello dove essa può crescere è nella vita dell’altro.
Grazie per averci insegnato la bontà come rimedio al rancore, grazie per averci dimostrato che la scommessa più vincente che potessimo fare è quella di puntare tutto su Dio. Grazie per averci testimoniato che le mani del sacerdote, anche se tante volte sporcate dal peccato e dagli scandali, profumano di Crisma, che sono mani benedette, mani che costringono Dio, con un imperativo d’amore, a scendere su quelle offerte del pane e del vino perché diventino Lui per la salvezza di tutti Noi. Grazie per averci insegnato ad amare la Chiesa anche quando è difficile, ad amare il popolo, ad amare quelle labbra anche quando dicono cose scomode, ad abbracciare quel Crocifisso anche quando tutto sembra confuso.
Dal grazie degli uomini alla grazia che viene da Dio.
Grazia, tutto questo è grazia! Questo quarto di secolo - per impressionarci ancor di più - è grazia. grazia è questo piccolo, vacillante, balbettante, sì, elevato a Dio con amore, fedeltà e generosità. lui farà il resto! Auguri!