Pregare nella liturgia può sembrare un’ovvietà, dato che la Liturgia è per definizione opera del popolo, preghiera della comunità. LEGGI
Eppure, più volte, nella storia della Chiesa, si è registrata la tendenza ad esaltare la preghiera personale a scapito di quella liturgica, come se quest’ultima non avesse alcuna importanza spirituale. Effettivamente c’è il pericolo di partecipare alla liturgia come a una cerimonia che non tocca il vissuto personale.
La Costituzione dogmatica del Concilio Vaticano II, Sacrosantum Concilium, ha chiarito in modo definitivo che la liturgia è la necessaria mediazione oggettiva del mistero di Cristo. Cristo non è un’idea o un sentimento: è una Persona, un evento storico. Attraverso la liturgia, perfino nel rito più sobrio, Cristo si rende realmente presente e si dona ai suoi fedeli.
Proprio perché è mediazione oggettiva del mistero di Cristo, la liturgia richiede la preghiera personale: durante e dopo la celebrazione, la preghiera personale interiorizza e assimila la presenza sacramentale di Cristo. Senza la preghiera personale, la grazia effusa nel rito rischia di andare dispersa, di non raggiungere il vissuto di ciascuno.
Ogni volta che celebriamo un battesimo o ungiamo con l’olio santo il corpo di un malato, Cristo si rende presente. Ogni volta che celebriamo l’eucaristia, l’unico sacrificio di Cristo si rende presente a noi e noi possiamo ogni volta unirci a Lui, alla sua preghiera, alla sua azione.
Celebrare l’eucaristia, come tutta la liturgia, vuol dire incontrare Cristo, entrare in comunione con i suoi sentimenti, attualizzare i suoi gesti e le sue parole, fare della nostra vita un sacrifico vivente, santo, gradito a Dio. Tutta la nostra vita è chiamata a diventare un culto a Dio, ma questo non può avvenire senza la preghiera. (continua)