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I libri liturgici promulgati dai santi pontefici Paolo VI e Giovanni Paolo II, in conformità ai decreti del Concilio Vaticano II, sono l’unica espressione della “lex orandi” del Rito Romano.

 

 

 

A ribadire questo fondamentale del recente Motu proprio di Papa Francesco, Traditionis custodes (LEGGI), è la Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti, che ha pubblicato - con il consenso del Santo Padre - le risposte ai “dubia” più frequenti (LEGGI) emersi in seguito alla pubblicazione del citato Motu Proprio. “Ogni norma prescritta ha sempre l’unico scopo di custodire il dono della comunione ecclesiale camminando insieme, con convinzione di mente e di cuore, nella linea indicata dal Santo Padre”, puntualizza la Congregazione, che denuncia: “È triste vedere come il vincolo più profondo di unità - la partecipazione all’unico Pane spezzato che è il Suo Corpo offerto perché tutti siano uno (cf. Gv 17,21) - diventi motivo di divisione: è compito dei vescovi, cum Petro et sub Petro, custodire la comunione, condizione necessaria - l’Apostolo Paolo ce lo ricorda (cf. 1Cor 11,17-34) - per poter partecipare alla mensa eucaristica”.

Per la Santa Sede, “un fatto è innegabile: i Padri conciliari sentirono l’urgenza di una riforma perché la verità della fede celebrata apparisse sempre più in tutta la sua bellezza e il popolo di Dio crescesse in una piena, attiva, consapevole partecipazione alla celebrazione liturgica, momento attuale della storia della salvezza, memoriale della Pasqua del Signore, nostra unica speranza”.

Come Pastori - l’indicazione di rotta - non dobbiamo prestarci a polemiche sterili, capaci solo di creare divisione, nelle quali il fatto rituale viene spesso strumentalizzato da visioni ideologiche. Siamo, piuttosto, tutti chiamati a riscoprire il valore della riforma liturgica custodendo la verità e la bellezza del Rito che ci ha donato. Perché questo accada, siamo consapevoli che è necessaria una rinnovata e continua formazione liturgica sia per i presbiteri sia per i fedeli laici”. Come ha affermato Papa Francesco, “la riforma liturgica è irreversibile”.

Non si deve concedere la licenza di usare il Rituale Romanum e il Pontificale Romanum precedenti alla riforma liturgica, “libri liturgici che, come tutte le norme, le istruzioni, le concessioni e le consuetudini precedenti, sono stati abrogati”.

“Solo alle parrocchie personali canonicamente erette che, secondo quanto disposto dal Motu Proprio Traditionis custodes, celebrano con il Missale Romanum del 1962, il vescovo diocesano è autorizzato a concedere la licenza di usare solo il Rituale Romanum (ultima editio typica 1952) e non il Pontificale Romanum precedente alla riforma liturgica del Concilio Vaticano II”, si precisa nel testo, in cui si ricorda che “la formula per il Sacramento della Confermazione è stata cambiata per tutta la Chiesa latina da San Paolo VI”, come si ricorda anche nel Motu Proprio di Papa Francesco.

La Santa Sede raccomanda, inoltre, di “accompagnare quanti sono radicati nella forma celebrativa precedente verso una piena comprensione del valore della celebrazione nella forma rituale consegnataci dalla riforma del Concilio Vaticano II, attraverso una adeguata formazione che faccia scoprire come essa sia testimonianza di una fede immutata, espressione di una ecclesiologia rinnovata, fonte primaria di spiritualità per la vita cristiana”.

La Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti può concedere, su richiesta del vescovo diocesano, che venga utilizzata la chiesa parrocchiale per la celebrazione secondo il Missale Romanum del 1962 “solo nel caso in cui sia accertata l’impossibilità di utilizzare un’altra chiesa, od oratorio o cappella”, si precisa nelle risposte ai “dubia”.

“La valutazione di tale impossibilità deve essere fatta con scrupolosa attenzione”, raccomanda la citata Congregazione, che definisce “non opportuno” inserire tale celebrazione nell’orario delle Messe parrocchiali, “essendo partecipata solo dai fedeli aderenti al gruppo”.

 “Si eviti che vi sia concomitanza con le attività pastorali della comunità parrocchiale”, l’altra indicazione: “nel momento in cui dovesse essere disponibile un altro luogo, tale licenza sarà ritirata”. Nel caso in cui un presbitero al quale sia stato concesso l’uso del Missale Romanum del 1962 non riconosca la validità e la legittimità della concelebrazione - rifiutandosi di concelebrare, in particolare, nella messa crismale - tale licenza deve essere revocata.

 

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