Dialogo fra le generazioni, educazione e lavoro: sono le tre vie per “dare vita ad un patto sociale, senza il quale ogni progetto di pace si rivela inconsistente”.
Lo spiega il Papa, nel Messaggio per la Giornata mondiale della pace (LEGGI) , che si celebra oggi 1° gennaio. “Nonostante i molteplici sforzi mirati al dialogo costruttivo tra le nazioni, si amplifica l’assordante rumore di guerre e conflitti, mentre avanzano malattie di proporzioni pandemiche, peggiorano gli effetti del cambiamento climatico e del degrado ambientale, si aggrava il dramma della fame e della sete e continua a dominare un modello economico basato sull’individualismo più che sulla condivisione solidale”, il primo quadro tratteggiato da Francesco, secondo il quale “c’è una ‘architettura’ della pace, dove intervengono le diverse istituzioni della società, e c’è un ‘artigianato’ della pace che coinvolge ognuno di noi in prima persona”. “Tutti possono collaborare a edificare un mondo più pacifico”, il primo appello: “a partire dal proprio cuore e dalle relazioni in famiglia, nella società e con l’ambiente, fino ai rapporti fra i popoli e fra gli Stati”.
“Tra l’indifferenza egoista e la protesta violenta c’è un’opzione sempre possibile: il dialogo”, la ricetta per uscire dalla pandemia, “crisi certamente dolorosa” ma nella quale “può esprimersi anche il meglio delle persone”, come dimostrano le numerose “testimonianze generose di compassione, di condivisione, di solidarietà” che provengono da ogni parte del mondo. “Dialogare significa ascoltarsi, confrontarsi, accordarsi e camminare insieme”, spiega il Papa tornando su un tema a lui caro: “Le grandi sfide sociali e i processi di pacificazione non possono fare a meno del dialogo tra i custodi della memoria – gli anziani – e quelli che portano avanti la storia – i giovani –; e neanche della disponibilità di ognuno a fare spazio all’altro, a non pretendere di occupare tutta la scena perseguendo i propri interessi immediati come se non ci fossero passato e futuro”. È proprio il dialogo intergenerazionale, per Bergoglio, “la forza motrice di una politica sana, che non si accontenta di amministrare l’esistente ‘con rattoppi o soluzioni veloci’, ma che si offre come forma eminente di amore per l’altro, nella ricerca di progetti condivisi e sostenibili”.
“Senza le radici, come potrebbero gli alberi crescere e produrre frutti?”, si chiede Francesco affrontando il tema della cura della nostra casa comune. Di qui l’incoraggiamento ai “tanti giovani che si stanno impegnando per un mondo più giusto e attento a salvaguardare il creato, affidato alla nostra custodia”.
“È opportuno e urgente che quanti hanno responsabilità di governo elaborino politiche economiche che prevedano un’inversione del rapporto tra gli investimenti pubblici nell’educazione e i fondi destinati agli armamenti”. Nel Messaggio il Papa torna ad affermare che “il perseguimento di un reale processo di disarmo internazionale non può che arrecare grandi benefici allo sviluppo di popoli e nazioni, liberando risorse finanziarie da impiegare in maniera più appropriata per la salute, la scuola, le infrastrutture, la cura del territorio e così via”. “Negli ultimi anni è sensibilmente diminuito, a livello mondiale, il bilancio per l’istruzione e l’educazione, considerate spese piuttosto che investimenti”, denuncia Francesco: “Le spese militari, invece, sono aumentate, superando il livello registrato al termine della ‘guerra fredda’, e sembrano destinate a crescere in modo esorbitante”.
Per invertire la rotta, è “necessario forgiare un nuovo paradigma culturale, attraverso un patto educativo globale per e con le giovani generazioni, che impegni le famiglie, le comunità, le scuole e le università, le istituzioni, le religioni, i governanti, l’umanità intera, nel formare persone mature”. “Un patto che promuova l’educazione all’ecologia integrale, secondo un modello culturale di pace, di sviluppo e di sostenibilità, incentrato sulla fraternità e sull’alleanza tra l’essere umano e l’ambiente”, aggiunge il Papa. La parte finale del messaggio è dedicata alla questione del lavoro, che la pandemia da Covid-19 ha ulteriormente aggravato: “Milioni di attività economiche e produttive sono fallite; i lavoratori precari sono sempre più vulnerabili; molti di coloro che svolgono servizi essenziali sono ancor più nascosti alla coscienza pubblica e politica; l’istruzione a distanza ha in molti casi generato una regressione nell’apprendimento e nei percorsi scolastici”. Senza contare le “prospettive drammatiche” che si trovano di fronte i giovani in cerca di lavoro e i disoccupati.
“In particolare, l’impatto della crisi sull’economia informale, che spesso coinvolge i lavoratori migranti, è stato devastante”, denuncia Francesco: “Molti di loro non sono riconosciuti dalle leggi nazionali, come se non esistessero; vivono in condizioni molto precarie per sé e per le loro famiglie, esposti a varie forme di schiavitù e privi di un sistema di welfare che li protegga”. “È più che mai urgente promuovere in tutto il mondo condizioni lavorative decenti e dignitose, orientate al bene comune e alla salvaguardia del creato”, l’appello di Francesco: su questo aspetto, per il Papa, “la politica è chiamata a svolgere un ruolo attivo, promuovendo un giusto equilibrio tra libertà economica e giustizia sociale. E tutti coloro che operano in questo campo, a partire dai lavoratori e dagli imprenditori cattolici, possono trovare sicuri orientamenti nella dottrina sociale della Chiesa”.