Sabato 25 febbraio 2006, Benedetto XVI visitò il Pontificio seminario romano maggiore per la festa della patrona, la Madonna della Fiducia.
In quell’occasione, e in onore di Papa Joseph Ratzinger, mons. Marco Frisina diresse l’oratorio dedicato a San Giuseppe intitolato “Ombra del Padre”. Di quella mattina mons. Frisina conserva nitidamente un’immagine. “Come faceva sempre quando ascoltava la musica, seguì tutta l’esibizione non appoggiato alla spalliera della poltrona ma seduto quasi alla punta - ricorda il sacerdote, direttore del Coro della diocesi di Roma -. Mi disse che era stata una meditazione con la musica. Il modo con cui viveva questi momenti musicali sono memorabili. Per lui la musica era uno strumento di meditazione. Questo mi ha sempre fatto riflettere. Per lui la musica aveva un grande valore. Non era un intrattenimento ma era occasione di meditazione, culturalmente importante”. Al termine dell’esibizione il Papa si congratulò per la composizione e ringraziò Frisina “per la sua delicatezza”.
Papa Benedetto amava molto la musica classica “già da bambino cantava con il fratello in coro - prosegue Frisina -. Come molti bambini della sua generazione in Baviera, è nato a contatto con la musica. In questi giorni è stata messa in risalto la sua gentilezza, la sua delicatezza, ma io credo che queste sue qualità venissero anche dalla sua sensibilità musicale e culturale”.
Benedetto XVI suonava benissimo il pianoforte, prediligeva Bach, Beethoven e Mozart del quale ripeteva spesso “esprime con la universalità della musica ciò che le parole non possono manifestare, cioè Gesù che si incarna e si fa uomo”.
Mons. Frisina ricorda il libro di Ratzinger “Cantate al Signore un canto nuovo”, nel quale, per il direttore del Coro della diocesi di Roma, “si nota una riflessione attenta e profonda sulla musica e sul significato spirituale della stessa. Sottolinea molto l’importanza del cantare con arte, cosa che anche a me sta molto cuore. Riuscire ad entrare in contatto con Dio in modo interiore attraverso la musica. Cantare con arte significa dare a Dio il meglio, quindi per Benedetto XVI doveva sempre essere conservata la qualità della musica liturgica per essere all’altezza del mistero celebrato”.
A pochi giorni dalla morte del Papa emerito “ci rendiamo conto quanto siano state importanti le sue riflessioni teologiche e spirituali” sottolinea infine Frisina che ricorda bene l’ultimo incontro tra il vescovo di Roma e il clero romano il 14 febbraio 2013, tre giorni dopo l’annuncio al mondo della sua rinuncia al pontificato. Nel discorso passato alla storia come quello su “Il Concilio dei padri e il Concilio dei media” fece “una lunga meditazione a braccio con grande chiarezza teologica ed espositiva - conclude mons. Frisina -, sembrava di leggere una dispensa. Ci mancherà questa sua capacità di parlare con lucidità. In questi anni abbiamo avuto due pontefici complementari. Benedetto era quello con chiarezza teologica, Francesco ha la chiarezza di azione, di vita attiva. Questa complementarità è stato un dono dello Spirito Santo che probabilmente ha voluto che la riforma fosse fatta da Francesco che doveva mettere in pratica ciò che Benedetto ci ha donato a livello di riflessione e di meditazione”.