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 Tra un mese tornerà a pieno ritmo al suo lavoro di farmacista, in quel di Tuglie. La passione politica però non svanirà certo con la fine di un incarico. 

E lui è pronto a rimettersi in gioco: Antonio Gabellone, 59 anni, è stato l’ultimo presidente della Provincia di Lecce ad essere eletto direttamente dai salentini. Correva l’anno 2009. Poi, con l’avvento della riforma Delrio e del nuovo sistema è stato riconfermato dal voto dei sindaci e dei consiglieri dei comuni della provincia. Esponente di centrodestra, è da sempre vicino all’ex ministro Fitto. Il prossimo 31 ottobre calerà il sipario sulla sua lunga esperienza a Palazzo dei Celestini.

Presidente Gabellone, anche il suo secondo mandato è agli sgoccioli. Una fotografia di questi nove anni e mezzo al timone di Palazzo dei Celestini.

Anni con caratteristiche opposte e differenti: il primo è stato un mandato pieno in quanto legittimato dall’elezione diretta, un aspetto fondamentale. Chi governa deve sentirsi forte del consenso popolare per poter assumere responsabilità importanti. All’epoca le province erano enti di primo livello e godevano di autonomia anche in termini finanziari. Quindi: autorevolezza legata al consenso e la forza legata alla disponibilità di risorse, seppure i trasferimenti cominciavano a ridursi.

Il secondo mandato invece?

Molto più complesso: ci siamo trovati nel pieno della riforma Delrio con la volontà quindi dell’allora governo nazionale di azzerare le province. Così è cominciato un forte processo di destrutturazione con un campo di azione limitato e un bilancio più che dimezzato, da 100 a 40 milioni di euro. Senza elezione diretta e quindi con scarsa autorevolezza, e senza risorse. È iniziato così lo smottamento. L’esito del referendum costituzionale del 2016 ha scongiurato la cancellazione delle province dalla Costituzione, ma questi enti sono comunque rimasti nel guado. Tutto questo però, anche per un fatto caratteriale, non ha segnato un arretramento rispetto al mio entusiasmo, alla determinazione e alla voglia di fare. Abbiamo tenuto botta con una performance sicuramente migliorabile ma senza dubbio positiva. E con una presenza costante sul territorio: ho portato l’istituzione provinciale in tutto il Salento, che conta 97 comuni e 34 frazioni.

Quale risultato le piace ricordare?

L’accordo con il Fai per l’Abbazia di Cerrate: una decisione che proveniva dalla gestione del presidente Pellegrino, ma che si era arenata nelle pieghe della burocrazia. E che la mia amministrazione è riuscita a riprendere e a portare a termine. Un successo straordinario. Più in generale, in condizioni disastrose per le province italiane, alcune peraltro non hanno chiuso i bilanci, noi abbiamo portato a casa risultati importanti, come per le scuole con circa 30 milioni di finanziamenti, ma anche per la rete viaria e sul fronte della valorizzazione del patrimonio.

Cosa le mancherà della vita da presidente?

L’incontro costante con tante realtà. Ho conosciuto luoghi e persone straordinarie che operano per il territorio. Questa vicinanza è stata per me fonte di arricchimento a livello umano.

Cosa farà dopo l’esperienza da presidente? Continuerà con la politica attiva?

La passione politica c’è sempre, di certo non finisce con la fine di un incarico. E poi sono ancora impegnato nel mio comune, a Tuglie. In un contesto storico e politico molto complesso e che richiede una capacità di posizionamento rispetto a dinamiche che non sono più quelle degli anni scorsi, sento quindi la necessità di dovermi rimettere in gioco per capire quali sono le nuove attese e le esigenze della società.

Come, dove e perché nasce il suo impegno politico?

Nasce 33 anni fa: mi ero appena laureato e tornando in paese, era il 1985, l’allora sindaco del paese decise di ringiovanire la compagine della Dc mettendo in campo una serie di nuove leve. Fu un'esperienza importante per dare un contributo per la crescita di tutti. Da quel momento la passione è andata aumentando. Prima di diventare presidente della provincia, ho fatto il sindaco per due mandati, poi il consigliere di minoranza, e non di opposizione, a Palazzo dei Celestini, durante la gestione del presidente Pellegrino, col quale, nonostante fossimo avversari, ho sempre avuto un ottimo rapporto. Credo che la politica debba recuperare la capacità di ascolto e di confronto. Il ruolo della minoranza è fondamentale. E se fatto bene, anche costruttivo.

Il momento più più bello della sua vita politica?

La vittoria del 2009. La mia candidatura sbocciò solo un mese prima della presentazione delle liste. E mi trovai di fronte l’allora vicepresidente della provincia Loredana Capone e un politico del calibro della senatrice Adriana Poli Bortone. E per me che venivo da un piccolo paese della provincia fu una vittoria che rimarrà per sempre nei miei pensieri e nei miei ricordi.

Invece, i momenti più brutti?

Senza dubbio la perdita di posti di lavoro, di uomini e donne, a causa dell’esiguità delle risorse per via di alcune scelte del governo che determinarono tensioni e pesanti conseguenze sul territorio. Una crisi che determinò la fuoriuscita di lavoratori che spesso erano legati alla Provincia attraverso servizi e appalti. E poi le vicissitudini che hanno attanagliato alcune società partecipate come Alba Service o la Fondazione Ico Tito Schipa: è stata sciupata un’orchestra provinciale che era il fiore all’occhiello del Salento. Sono stati momenti bui e dolorosi che porterò sempre nel mio cuore, pur non sentendomi direttamente responsabile di quelle drammatiche conseguenze.

Come scorre la sua vita fuori da Palazzo dei Celestini. Il suo tempo libero?

Diciamo che il mio tempo libero è già quello che impiego in provincia. Per il resto la famiglia, mia moglie e i due figli straordinari, e poi il lavoro di farmacista a cui in questi anni ho dedicato solo spezzoni della mia vita.

Quanto le manca la sua professione?

Moltissimo. E riprendere a pieno titolo le redini della farmacia sarà una bella scommessa. Tornerò al mio lavoro, non avrò gli impegni istituzionali che ho avuto finora, ma non metterò da parte la passione politica.

La sua Tuglie oppure Lecce? Cosa preferisce?

Sono cittadino di Tuglie, del Salento, della Puglia e dell’Italia. Tuglie è il mio paese, ma anche a Lecce ho trovato accoglienza e amicizia. Ho sempre dedicato molto tempo all’attività amministrativa. E ho vissuto molto sul territorio. Tuglie e Lecce fanno parte di un unico e stupendo Salento: dovremmo dedicare più tempo per visitare e scoprire i luoghi incantevoli della nostra terra, patrimoni e straordinarie realtà che forse ignoriamo.

In politica quanto spazio c’è per i sentimenti e l’amicizia vera?

Tantissimo spazio. Purtroppo spesso ci sono divergenze e cambiamenti repentini, strade che si separano. Ma anche facendo scelte diverse un vero rapporto di amicizia rimane: per me è così, chi è amico non diventerà mai un nemico, parola che non fa parte del mio vocabolario, per ragioni politiche.

Chi c’è nel suo pantheon politico?

Ho mosso i primi passi nella Dc. E quindi sicuramente Aldo Moro, un esempio intramontabile per la sua lungimiranza e soprattutto per la sua capacità di trovare sempre punti di equilibrio e non di rottura. Ed è quello che anche io, in maniera molto più artigianale, ho sempre ricercato nella vita, nella politica e nelle istituzioni.

Un ricordo dell’infanzia che le torna spesso in mente?

Sono legati alle cose semplici, alle partite a pallone per strada insieme ai miei amici, quando avevo sei o sette anni. Quando le auto erano davvero poche e le strade non erano nemmeno asfaltate. Lontani e piacevoli ricordi, che danno l’idea di come sia cambiato il mondo, e che servono anche a restituire a tutti noi la serenità e anche l’impegno di non sciupare col progresso le peculiarità che hanno fatto la storia del Salento. Ricordi da tramandare ai figli, che sono la parte più bella della vita.

Anche lei confluirà insieme a Fitto in Fratelli d’Italia o comunque in un nuovo soggetto politico guidato da Giorgia Meloni?

Mi sembra una semplificazione eccessiva. Certamente, Raffaele Fitto è il mio riferimento e non ho difficoltà a dirlo: al netto di scelte che tutti noi possiamo azzeccare o sbagliare, rimane una intelligenza utile all’Italia. E condivido appieno il suo pensiero: il quadro politico si modifica rapidamente e venendo dal gruppo europeo dei Conservatori e Riformisti vi è la possibilità di rimettere insieme una parte del centrodestra intorno ad un progetto nuovo che mantenga determinati valori, ma che si apra anche alle nuove esigenze e anche ad un nuovo modo di interpretare la politica e la società. E la Meloni ha aperto un dialogo rispetto all'idea che stanno coltivando Fitto e altri come Quagliariello, Toti e Musumeci. Ora bisognerà capire quale sarà l’evoluzione e fino a che punto questi soggetti e questi programmi possano fondersi in un contenitore di più ampio respiro.

Che rapporto ha con la fede?

Molto intenso. Nei momenti straordinariamente belli e positivi e in quelli negativi della vita, la fede rappresenta per me un punto di riferimento certo. Un momento in cui ognuno recupera la propria identità in maniera forte e si sente pronto a per dare il massimo per la propria comunità. Ricorro alla fede spesso e in solitudine, un momento fondamentale per ritemprare la propria mente, il proprio cuore e il proprio agire.

Ha un motto, o una filosofia di vita, che la accompagna da sempre?

Evitare gli scontri e andare sempre a ricercare la mediazione migliore. Perché verità e bugia, torto e ragione spesso hanno distanze che non sono incolmabili. Bisogna solo trovare un punto di equilibrio per evitare frizioni che non giovano, soprattutto nei momenti delicati e difficili della vita come della politica.

Chiudiamo con una autodefinizione. Chi è Antonio Gabellone?

Un cittadino comune a cui piace vivere la vita secondo i propri canoni, le proprie idee e i propri obiettivi.

 

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