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Attorno all’evento religioso del Natale si dipanano devozione e tradizione che si manifestano nell’allestimento del presepe.

 

 

 

Quello a carattere popolare, che accomuna la gran parte, se non tutti i comuni del territorio salentino, riproduce un paesaggio sassoso, ondulato da lievi gibbosità, valli e grotte, ottenuti adoperando carta da imballaggio e colla nonché una successiva dipintura con tonalità di verde e marrone.

Su questa configurazione paesaggistica un tempo si collocavano rametti di mortella e lentisco (ritenute scacciatrici delle streghe) e, soprattutto, muschio fresco su cui poggiare sia i modelli di caseggiati rurali sia le figure popolari, singole o a gruppi, riproducenti i pastori e i personaggi del popolo minuto, intento alle attività e ai mestieri della vita quotidiana, in una mescolanza di gesti, di personaggi, di scene di vita d’altri tempi: la fanciulla intenta a guidare le oche con un giunco, il pastore con le greggi al pascolo, il suonatore di zampogne e così via. In proposito si ricorda che, fino ad una ventina d’anni fa, nel centro storico di Lecce e dei principali centri del Salento, uno zampognaro annunziava il tempo natalizio al suono delle nenie caratteristiche.

Fra la moltitudine dei personaggi che popolavano il presepe di qualche anno fa, non poteva mancare lu Sciuliesciu, il Silvestro (da non confondere con il santo omonimo), che, rispetto agli altri, non portava alcun dono con sé; era raffigurato con le braccia levate in alto, in atto di estatica, trasognata meraviglia. Secondo la fantasia popolare raffigurava il pastore che per primo aveva visto la cometa annunziante il prodigioso evento.

Solitamente al centro della scena si sistema la grotta con la Madonna, San Giuseppe e la mangiatoia dove deporre Gesù Bambino; sul retro di questa, si dispongono le statuine del bue e dell’asinello che riscalderebbero col loro alito il Bambino.

Sulla grotta, doverosamente, si colloca la stella cometa oppure un angelo che reca il cartiglio inciso dalla frase Gloria in excelsis Deo, annunciante a tutti la nascita del Divino Redentore.

Ad un lato del presepe, fino a qualche tempo fa, si metteva una frasca di pino marittimo su cui si appendevano soprattutto mandarini; mentre sul bordo del piano su cui era stato sistemato, si posizionavano arance, pigne, castagne “del prete” che, in gergo dialettale familiare, erano denominati li beneditti, i benedetti, e costituivano i modestissimi doni che si distribuivano ai presenti quando si smontava il presepe il 2 febbraio, giorno della Candelora.

A Lecce le citate figure presepiali, i pupi di terracotta colorata, si acquistavano alla Fera te santa Lucia che annunciava ufficialmente l’inizio del periodo natalizio e, come tutti i panieri, durava soltanto un giorno. Si vendeva tutto ciò che serviva per l’allestimento del presepe: casette e castelli di cartone, rami di pino, pecorelle con le zampette di filo di ferro, pigne e una gamma vastissima di figure presepiali.

Nelle case nobiliari, nelle cappelle annesse ai convitti, nelle chiese invece si realizzavano allestimenti presepiali in cui si disponevano i pastori e i personaggi della Sacra Famiglia realizzati in cartapesta. Al vasto campionario delle citate figure si dedicarono i migliori artisti di questa tipica lavorazione artistica come A. Maccagnani, A. Malecore, A. Capoccia, P. Indino, A. Gallucci e numerosi altri, i cui straordinari esemplari spesso fanno parte di collezioni private. Tuttavia, per avere un’idea della produzione e della eccelsa manifattura, si consiglia di visitare le chiese principali di Lecce e provincia nel periodo natalizio dove si collocano le suddette statue nell’addobbo presepiale o di soffermarsi presso le botteghe dei cartapestai dove è possibile trovare esemplari in attesa di essere restaurati.

 

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