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C’è una storia bella quanto poche altre a Lecce e non solo. Quella, cioè, che lega il sentimento religioso di chi abita un luogo, sia esso città o un intero territorio, con i santi di elezione, i propri protettori.

Lecce nel corso di questi ultimi cinquecento anni ha visto la sua devozione concentrarsi principalmente attorno alla figura di Sant’Irene e quindi quella di Sant’Oronzo. Non è mancata in questa vicenda chi, molto umanamente, ha voluto vedere una contrapposizione fra chi era sostenitore dell’una o dell’altro.

Quando il vescovo di Lecce, mons. Luigi Pappacoda, a metà del Seicento circa si adoperò perché al secondo dei due santi fosse riconosciuto un ruolo speciale nel rapporto con la città, non ebbe l’effetto devozionale di scalzare la santa di Tessalonica. Fino almeno al terremoto del 1743, infatti, i due santi erano rappresentati contemporaneamente in molti altari a dimostrazione del significato devozionale che la città riconosceva loro contemporaneamente. Fu forse proprio quel sisma, da cui il capoluogo salentino fu in parte risparmiato grazie all’intercessione di Sant’Oronzo (così la storia), che l’attenzione dei devoti si concentrò soprattutto sul secondo.

La devozione per la santa, però, non si estinse completamente né a Lecce né in altri centri di quella che un tempo era chiamata Terra d’Otranto (corrispondente all’incirca alle attuali province di Lecce, Brindisi e Taranto) e continua ad essere viva.

In questi giorni, infatti, a Erchie sono giunte reliquie della santa, patrona anche di questo piccolo centro abitato nella provincia di Brindisi. Quello che vorremmo sottolineare adesso è un aspetto che lega Lecce ed Erchie. Nella chiesa madre di quest’ultima città è una statua lapidea, dai colori probabilmente originali, che è quanto rimane, riteniamo, di un’opera più ampia. Questa statua è singolare soprattutto per i tagli netti che caratterizzano le sue superfici; tale caratteristica ci spinge ad associarla ad altre opere dello scultore e architetto leccese Mauro Manieri (1687-1744 circa) ovvero uno dei più significativi e attivi fra quelli della prima metà del Settecento; per tale opera è stato segnalato l’anno 1743.

Fosse confermato questo dato cronologico, potremmo sottolineare due dati: apparterrebbe agli ultimi anni di attività dell’artista; potrebbe essere stata realizzata successivamente al terremoto del 20 febbraio 1743 qui già ricordato.

Ultima nota. La santa, secondo un’iconografia consolidata, sostiene l’immagine di una città. I dettagli di quella rappresentazione urbana ci portano a escludere possa trattarsi di Lecce e a ritenere che essa possa essere, invece, una “istantanea fotografica”, non sappiamo quanto fedele, di Erchie.

A titolo esemplificativo segnaliamo come opere legate a questo Manieri, tutte a Lecce e senza entrare in dettagli tecnici relativi a parti eventualmente estranee, i due altari rispettivamente nel transetto destro e sinistro della chiesa dell’Idria così come, sul sagrato della medesima, la statua raffigurante l’Immacolata (nell’immagine è quella a sinistra); la statua di Santa Irene (opera “documentata”) sulla facciata dell’omonima chiesa (nell’immagine, a destra).

La foto della statua di santa Irene a Erchie è tratta da http://www.brundarte.it/2015/01/31/erchie-br/ dove è anche una bibliografia essenziale sulla città e suoi monumenti; le altre immagini sono dell’autore dell’articolo.

 

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