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 I vincoli spirituali che uniscono Novoli alla Congregazione Passionista durano da più di un secolo ed ormai si può ben dire che l’austero abito scuro con l’emblema del cuore sormontato dalla croce, tipico dei Passionisti, faccia parte a pieno titolo della storia di questo comune del Nord Salento.

Meritevole di interesse è dunque la vicenda del culto tributato dai novolesi ad una delle figure più insigni dell’ordine, san Gabriele dell’Addolorata (1838-1862).

 La memoria dell’angelico Francesco Possenti (questo il nome secolare del santo) giunse in Puglia attraverso dei testimoni diretti. Come scrive infatti padre Salvatore Semeraro nel suo bel volume Frammenti di vita, già nel 1866 ripararono a Manduria 24 religiosi espulsi, in seguito alle leggi soppressive dello stato unitario, dal ritiro di Isola del Gran Sasso, cioè proprio dallo stesso convento in cui san Gabriele aveva trascorso gli ultimi anni della sua esistenza. Tra di loro vi erano i membri delle prime missioni passioniste che raggiungeranno Novoli nel 1875 e nel 1883, prodromi di una presenza stabile dei religiosi in paese. Si trattava dei padri Francesco Saverio dell’Addolorata, Carlo di San Raffaele e Michele della Madre di Dio, compagni di studi del santo e testimoni della sua morte. È lecito pensare dunque che, nelle contrade novolesi, una certa devozione verso il Possenti iniziò a sgorgare ancor prima che a questi fosse concessa l’aureola. In ogni caso, il culto si dispiegò del tutto, toccando vette di sincero fervore dopo le solenni cerimonie di beatificazione (1908) e canonizzazione (1920).

 La ricorrenza liturgica, essendo fissata per il 27 Febbraio, cadeva spesso in Quaresima e dunque veniva traslata al lunedì di Pasqua. In quel giorno il paese si vestiva a festa e San Gabriele ne era l’assoluto protagonista attraverso una partecipata processione antimeridiana. Nel volgere di poco tempo, il concorso di popolo, anche dagli abitati limitrofi, divenne sempre più grande al punto da costringere i religiosi a far venire i confratelli dalla vicina Trepuzzi per essere aiutati nelle confessioni. I devoti giunsero addirittura a considerare il giovane santo un compatrono del paese, senza che nessun decreto ufficiale ci fosse stato in tal senso. Sorsero così dei disdicevoli contrasti con il clero diocesano che non aveva mai visto di buon occhio la cosa e che iniziò a fare istanza al Comune affinché fosse impedita la festa popolare. Si raggiunse il culmine nel 1924 allorquando i parroci di Sant’Antonio Abate e della Matrice si rifiutarono di far suonare le campane al passaggio della processione provocando una sommossa tra i fedeli più appassionati che giudicarono il fatto come un oltraggio verso San Gabriele. Per placare gli animi dovettero intervenire le autorità militari mentre un gruppo di zelanti riuscì ad irrompere sui campanili per far squillare i batacchi. La sentita celebrazione sarebbe comunque sopravvissuta sino agli Anni ’60 quando, nel clima di generale cambiamento del postconcilio, Mons. Minerva la vietò decretandone la consegna agli archivi della memoria.

 

 

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