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Sant’Antonio di Padova gode una profonda venerazione nel Salento; nel mondo rurale spesso era contrapposto a Sant’Antonio abate per una presunta appartenenza di quello al ceto nobile, sicché i due santi avrebbero protetto i due distinti ceti sociali.

 

Sant’Antonio da Padova era nominato da tutti indistintamente quando non si ritrovavano oggetti momentaneamente smarriti: sant’Antoniu te le tridici grazie, sant’Antonio delle tredici grazie. Quando, invece, qualcuno riceveva un inaspettato trattamento di favore, commentava il gesto con la locuzione: ‘troppa grazia sant’Antonio!’

In un momento di particolare difficoltà lo si invocava così per ottenere conforto:

Sant’Antoni miu benignu                           Sant’Antonio mio benigno

de pregarti nu’ su’ degnu;                         di pregarti non sono degno;

lu besognu ci me vidi                                del bisogno che mi vedi

me cunsola e me pruvìdi.                          consolami e provvedi.

A Castrignano dei Greci si ricorda l’intercessione del santo per avere salvato il paese da un violento temporale, manifestatosi con tre trombe d’aria, che si abbatté il 23 agosto 1898. Secondo la memoria popolare si formò una processione capeggiata dalla statua del santo; giunta fuori dall’abitato, dopo avere sostato per consentire ai partecipanti di pregare e chiedere la misericordia di sant’Antonio, i tifoni si dileguarono. In onore del santo ricorrono due feste: una è detta di sant’Antoni piccinnu, sant’Antonio piccolo (13 giugno) e l’altra sant’Antoni rande, sant’Antonio grande, nei giorni 22 e 23 agosto, per ricordare il miracolo.

Nel Salento il nome Antonio popolarmente diventava Ntoni, Ntunucciu, Ucciu e, in tempi moderni, Toniu, Toninu, al maschile; Tetta, Tetti, Tonina e, più recentemente, Tonia o Antonella per le donne.

 Ntoni era il nome di un proverbiale scansafatiche, protagonista di una tiritera di rimprovero che i nostri antenati ripetevano, per intero, nei confronti di una persona che accampava qualche scusa, un improvviso malanno, per sottrarsi ad un qualsiasi incarico più o meno fastidioso:

- Ntoni, cuerna li oi!                                  - Antonio, governa i buoi!

- Tegnu nna spina allu pete.                    - (non posso) Ho una spina nel piede.

- Ntoni, ièni a mangiare!                         - Antonio, vieni a mangiare!

- E me ndegnu parite parite,                   - Me ne vengo rasente il muro,

   salutu le mmaretate e poi le zzite!          saluto le maritate nonché le nubili!

Un’altra versione diffusa nella provincia di Lecce recita:

- Ntoni, ota li oi!                                   - Antonio, fai rientrare i buoi!

- Me tole lu pete.                                  - Mi duole il piede.

- Camina parete parete.                      - Vai accosto al muro.

- Me tole lu pete!                                  - mi fa molto male il piede!

- Ntoni, camina mangiamu!                - Antonio vieni a mangiare!

- Mò me ndegnu chianu chianu;         - Ora me ne vengo piano piano;

   cce mangiamu a menzatìa?                che mangiamo a mezzogiorno?

- Tria                                                         - Tagliatelle

- M’ha sanatu lu pete mia!                   - È guarito il piede mio!

 

 

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