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 Ora che si comincia a parlare di “Fase 2” dell’epidemia di corona virus, si sente dire, sempre più spesso, “torneremo alla normalità”. Si disquisisce sul quando, ma mai si riflette sul come.

 

 

 

E, soprattutto, non ci si chiede di quale normalità stiamo parlando, dando per scontato che il ritorno agognato sarà a quella situazione che tutti ben conosciamo e dalla quale siamo arrivati alla situazione attuale.

Sarebbe il caso, invece, di iniziare a riflettere sul fatto che questa tragedia, dalla quale prima o poi usciremo, ha profondamente inciso sulla nostra vita, sulla nostra cultura, sul nostro modo di stare al mondo e sul nostro futuro.

Torna in mente la frase celebre del filosofo della scienza T. Kuhn, per il quale la storia, caratterizzata da paradigmi, vede succedersi “periodi normali a periodi rivoluzionari”.

E Dio solo sa se questo non sia un periodo “rivoluzionario”, che dunque muta tutto ciò che conosciamo, ad iniziare dalle nostre profonde convinzioni.

Eravamo convinti, ad esempio, che l’uomo conoscesse tutto e che potesse basare lo sviluppo dell’umanità sulle sue “presunte certezze”, dimenticando che, invece, nella scienza, come nella vita “non esistono verità assolute”.

Se questa è una crisi sistemica, non dovremmo più pensare che la dimensione economica vada vista come indipendente, da quella sociale, politica ed ambientale ed anche che occorrerà affrontare la dimensione della “salute”, oltre quella della “cura”, anche per non trovarci disarmati di fronte alla prossima epidemia, che potrebbe colpirci già dal prossimo autunno.

Non sappiamo quindi se “nulla sarà come prima”, ma certamente dovrà essere diverso il modo di affrontare i problemi della nostra vita futura, ad iniziare dal nostro sistema di welfare.

Bisognerà progettare una serie di economie “circolari” sulle quali fondare uno sviluppo globale, basato sulla sostenibilità. Le divisioni del passato non saranno più adottabili, perché non più utili.

E quindi di quel che era normale prima, resterà ben poco dopo il Covid-19, mentre, con grande tristezza, dobbiamo riconoscere che chi ha scritto, qualche settimana fa, “andrà tutto bene” non avrebbe mai potuto immaginare di contare oltre ventimila deceduti. E ancora non è finita!

 

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