“Se siamo giovani o ci sentiamo tali, cerchiamo di tenere sempre accesa la lampada della nostra personale e speciale consacrazione…vigilanti lì dove il Signore ci ha collocati… umili servi del suo regno, attendendo con gioia il suo ritorno”.
Sono le battute conclusive dell’omelia (LEGGI IL TESTO INTEGRALE) che ieri sera, in una cattedrale gremita (nei limiti consentiti dalle disposizioni anti pandemiche) di suore e di frati appartenenti a diversi Ordini e Congregazioni, ha tenuto il vescovo vincenziano mons. Cristoforo Palmieri in occasione della concelebrazione eucaristica da lui presieduta per la Giornata della vita consacrata che si celebra di consueto il 2 febbraio, festa della presentazione di Gesù al tempio e che quest’anno è coincisa con la tappa del Giubileo Oronziano dedicata proprio ai religiosi, alle religiose e a tutti i consacrati.
Dopo l’accoglienza con un momento di preghiera con l’arcivescovo Michele Seccia che a sorpresa si è presentato nella cappella dell’antico seminario di Piazza Duomo, i convenuti con le candele accese e portando un’icona della Presentazione di Gesù al tempio si sono avviati verso la cattedrale e hanno attraversato la Porta santa.
“Scarsità di vocazioni - ha sottolineato ancora mons. Palmieri nell’omelia -, multietnicità delle comunità che la globalizzazione e i fenomeni migratori producono, i vari tentativi di rinnovamento e adattamento del carisma alle nuove e molteplici necessità che risultano solo pezze nuove adattate ad abiti vecchi che non hanno riparato, ma peggiorato lo strappo, il numero di fratelli e sorelle dall’età avanzata che rende un po’ a tutti più pesante e meno spedito il cammino, ma non per questo da giustificare la mancanza dell’olio che deve tenere accese le lampade della nostra vita, olio purtroppo sempre più scarso e qundi meno capaci di essere ‘luci nel buio, sentinelle del mattino, profeti e testimoni’, quali da cristiani e consacrati siamo chiamati ad essere”.
Durante la messa hanno poi rinnovato i voti di obbedienza, povertà e castità e hanno pregato il Padrone della messa perché rinascano le vocazioni alla vita religiosa che negli ultimi anni ha subito un preoccupante decremento soprattutto in occidente.
La celebrazione si è conclusa con la preghiera a Sant’Oronzo come previsto dalle pie pratiche del Giubileo straordinario a duemila anni dalla sua nascita.
Racconto per immagini di Arturo Caprioli