Arnesano è un po’ come se fosse la Terra Santa dell’arcidiocesi di Lecce. A renderla tale è senza dubbio la presenza del Crocifisso miracoloso che nel 1848 liberò il paese da una terribile epidemia.
Da quel momento la chiesa matrice è divenuta un locale Golgota e gli arnesanesi i cittadini di una piccola Gerusalemme. Pronti sì a dichiarare: “Il suo sangue scenda su noi e sui nostri figli” ma in maniera ben diversa da come fecero i gerosolimitani di un tempo. Se infatti questi ultimi proferirono quelle drammatiche parole per chiedere la condanna di Cristo, gli arnesanesi invece rendono grazie per la salvezza degli antenati e pregano perché il preziosissimo sangue del Salvatore bagni le loro anime, purificandole dal peccato e conducendole al regno dei cieli. È un’autentica, sublime, vocazione di popolo che rende gli arnesanesi, tra le tante comunità della diocesi, i custodi della croce ed i primi annunciatori del sacrificio di redenzione. Ecco perché un vero arnesanese non può non essere cristiano e non sentirsi colmo di luce quando, come i propri padri, canta l’Inno a Gesù Crocifisso nella ricorrenza di luglio.
Forse però non è un caso che il solenne altare della croce miracolosa sia sorto proprio accanto a quello dedicato a Sant’Oronzo, il primo cristiano della nostra terra che, per la fede nella croce, ha sparso il sangue e, come martire, è stato in tutto simile al Maestro Nazareno. Come ricorda Gino Giovanni Chirizzi, l’altare consacrato al protovescovo di Lecce risultava già eretto nel 1657 dunque venne costruito in maniera immediata nei tempi in cui la devozione per il santo si ridestò nel capoluogo.
Anzi, è lecito supporre che Arnesano, a motivo dell’estrema vicinanza alla città, sia stato tra i primi comuni ad accogliere il rinnovato culto oronziano. L’epigrafe che accompagna l’ara barocca recita: “A S. Oronzio/patrizio leccese,/inclito di tutta/la Japigia patrono/da venerare, che della Salentina/Chiesa per la prima volta/consacrata primo/qui l’idolatria/nell’alma liturgia/convertì, il cui/sangue per Cristo/ e romane scuri bagnò,/il clero e/il popolo di Arnesano posero”.
Questa iscrizione sottolinea non soltanto le origini nobiliari di Oronzo, quel suo essere il primo battezzato in Puglia o il coraggio del suo martirio ma soprattutto gli viene attribuito il passaggio dal paganesimo alla liturgia cristiana.
Il patrono di Lecce è quindi una sorta di cittadino onorario di Arnesano e le visite pastorali ci informano che, da quell’altare (la cui cura, agli inizi del ʼ900, spettava ad alcuni membri delle famiglie Gerardi e Perrone), elargiva innumerevoli grazie ai suoi devoti al punto che quotidianamente il popolo si riuniva per la recita del rosario ed il canto delle litanie di fronte all’immagine del santo. Immagine che merita un’attenzione tutta particolare.
Stando infatti ad uno studio di Massimiliano Cesari questa tela è da ritenere (insieme con quella presente nella matrice della contigua Monteroni) la copia più fedele della celebre effigie dipinta dal Coppola per la cattedrale di Lecce. Nello specifico, la pala arnesanese sarebbe da attribuire ad un membro della ristretta cerchia di allievi più vicini al grande artista gallipolino.