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L’evento è stato di quelli indimenticabili. Del resto, non capita tutti i giorni vedere Sant’Oronzo sollevarsi dalla sua colonna per scendere nella piazza che porta il suo nome.

Né è capitato a tutti i leccesi di vivere un momento simile. Vengono i brividi a pensare che intere generazioni di salentini sono nate, hanno trascorso i momenti lieti e tristi della propria esistenza ed hanno concluso il loro cammino su questa terra sotto lo sguardo, severo ma benefico, del patrono innalzato a 29 metri di altezza.

Brividi che diventano pura commozione per quanti amano il santo come un padre e si sentono a lui legati da un vincolo di familiarità celeste che va ben oltre i legami familiari terreni. Sant’Oronzo è per noi il santo della quotidianità. Quante ne ha viste quella statua dall’alto del suo monumento! Da quando nel 1739 venne posta su quel capitello (in sostituzione della precedente andata purtroppo distrutta due anni prima) ha assistito allo scorrere della storia. Ha visto i giacobini venire a portare la rivoluzione, ha visto l’unità d’Italia e l’emigrazione di massa, ha visto due guerre mondiali e la nascita della repubblica. Ma, sotto i suoi occhi, si è svolta anche (forse soprattutto) la storia semplice, anonima e oscura di un popolo radicato nell’estremo lembo della penisola.

Ora che le delicate operazioni di discesa si sono concluse ed il prezioso simulacro sosta a Palazzo Carafa per un delicatissimo restauro, una questione si pone: che fare quando il lavoro di recupero verrà ultimato? Questa statua è un palladium, un emblema della nostra città, un bene estremamente prezioso consegnatoci dagli antenati e destinato ad essere trasmesso alle future generazioni di leccesi perché anche loro conoscano il proprio, remotissimo, padre. Ma come assicurare la riuscita di un tale obiettivo?

Da una parte, c’è chi crede che Lecce e la sua bellissima piazza centrale non possano essere più le stesse senza quella statua a svettare nel cielo. Dall’altra, c’è già chi propone di realizzare una copia da mettere sulla colonna al fine di custodire e preservare il simulacro autentico da collocare invece in un luogo idoneo e accessibile ai cittadini. Un’idea già presa in considerazione negli anni ʼ40 e poi ancora nel 1984 e tuttavia mai andata in porto. Certo, si tratterebbe di una scelta molto dolorosa eppure, in un certo senso, necessaria viste anche le condizioni davvero precarie ma, grazie al cielo, non del tutto compromesse in cui la statua versa dopo oltre trent’anni dall’ultimo restauro.

Tuttavia, qualora si intraprendesse questa strada, bisognerebbe tenere conto di un fatto: la settecentesca statua del patrono è un autentico capolavoro di scuola veneziana. La copia dovrebbe risultare in tutto simile all’originale e, in ogni caso, essere un’opera degna del santo e della storia del nostro territorio. Realizzare qualcosa del genere implicherà ovviamente degli inevitabili costi. Il dibattito, destinato a coinvolgere la Sovrintendenza, la cittadinanza e la futura amministrazione comunale, sembra essere già partito.

 

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