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Nel già fervido dibattito sui restauri del simulacro di Sant’Oronzo che si respira in città si è inserita, nelle ultime ore, una nuova voce, quella dell’arch. Maurizio De Vito, martanese, formatosi alla Scuola del Restauro di Firenze, responsabile tecnico-scientifico dell’azienda lombarda specializzata nel recupero di beni storico-artistici 4ward360.

Lo abbiamo contattato per conoscere meglio le idee che ha voluto offrire all’opinione pubblica in merito al recupero di uno degli emblemi del nostro territorio.    

Dott. De Vito, come nasce questa vostra proposta?

Innanzitutto ci tengo a precisare che l’idea di progetto che abbiamo avanzato è frutto del grande amore che nutriamo verso la città e verso uno dei suoi monumenti più significativi. L’immagine di Lecce oggi è nota in Europa e nel mondo anche grazie alla sua scenografica piazza principale ed alla colonna del santo patrono. Da parte nostra poi non c’è, in alcun modo, la volontà di interferire con quanto, a suo tempo, venne deciso dall’amministrazione comunale, né con l’operato della Soprintendenza, né tanto meno con i lavori che la Colaci Emilio Impianti e Restauri sta svolgendo, azienda con la quale invece ci auguriamo di entrare subito in totale sintonia per dare luogo ad una collaborazione positiva e sinergica. La proposta che abbiamo formulato e resa pubblica mirerebbe infatti proprio a valorizzare ad alto livello ed a rendere durature nel tempo le operazioni di recupero del bene artistico che attualmente si stanno compiendo. Il nostro progetto, tra l’altro, è gratuito ed è quindi da intendere come una sorta di epilogo, di lieto fine, del restauro della statua di Sant’Oronzo.

Nello specifico in cosa consiste il progetto che presentate?

La statua del patrono è molto amata perché rappresenta, in qualche modo, la stessa identità leccese. Siamo allora tutti concordi sul fatto che andrebbe tutelata nei modi più opportuni. Da parte nostra crediamo fortemente quindi che tale obiettivo possa essere raggiunto attraverso l’impiego delle nanotecnologie. Come, del resto, ha ricordato proprio in questi ultimi giorni l’ambasciatore emerito dell’Unesco Ray Bondin, le nanotecnologie sono la migliore tecnica in assoluto per preservare un bene artistico. I vantaggi di applicare ad un restauro le nanotecnologie d’altro canto sono molteplici, perché a differenza di altre tecniche, diciamo più classiche, permettono al soggetto da salvaguardare di mantenere la propria porosità e traspirazione, non snaturando le caratteristiche della materia trattata. Lo sviluppo e la ricerca di nuovi nanomateriali è del resto in continua evoluzione proprio per l’ampia gamma di applicazioni in cui questi possono essere impiegati, come sono in grande evoluzione le modalità per la loro produzione. Il loro impiego nel campo della salvaguardia di monumenti storici lo abbiamo poi ampiamente sperimentato ed ha permesso eccellenti risultati, basti pensare ai lavori di recupero compiuti nella cattedrale di Malta o alla nave romana di Marausa in Sicilia. Credo che la medesima strada possa essere percorsa per il nostro Sant’Oronzo.      

Ritiene che le nanotecnologie possano permettere alla statua di risalire sulla colonna?

Penso più che altro che possano offrire un contributo decisivo per rendere oltremodo duraturo il lavoro di restauro cui la statua sarà sottoposta e proteggerla da eventuali problemi che possano manifestarsi in futuro. Credo che l’impiego delle nanotecnologie possa altresì contribuire a salvare molte ricchezze artistiche del nostro territorio che si trovano in condizioni delicate, a partire dai monumenti in pietra leccese.

 

Si ringrazia il dott. Gianluca Rossellini per la gentilissima collaborazione.

 

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