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“La Bibbia ci dice di prenderci cura dei rifugiati e degli estranei. Sia Dio attraverso le leggi dell’Antico testamento che la società odierna riconoscono i rifugiati come una delle categorie di persone più vulnerabili: in pericolo, deboli, indifese, sofferenti, nella disperazione”.

 

 

 

“Oggi in Moldova stiamo facendo l’impossibile per ospitarli, con una carità da parte di tutto il popolo davvero commovente. Quando i poveri aiutano altri bisognosi, si rende visibile la misericordia di Dio e della Madonna”. Le parole di Ludmila Militaru, presenza storica del Rinnovamento nello Spirito Santo (RnS) a Chisinau, arrivano nitide e perforano il cuore a chi, dall’altra parte dell’Adriatico, si sente fortemente unito alla Chiesa che abita e cresce in terra moldava. È lì che da venti anni esatti - era infatti il 14 marzo 2002 -, su esplicito mandato di San Giovanni Paolo II, nella capitale è attiva la missione del RnS che oggi, nel segmento più disperato di questo atroce conflitto che chiama in causa l’Occidente tutto, si è immediatamente adoperata con un gesto di carità giubilare verso i rifugiati ucraini.

Secondo un apposito protocollo stipulato tra la Fondazione “Alleanza del RnS” e la Fondazione “Regina Pacis” - presente e rappresentata da 25 anni nella Repubblica Moldova da don Cesare Lodeserto - sono stati accolti in 22 posti letto donne e bambini ucraini, nel Centro di accoglienza di Chisinau messo a disposizione dalla stessa Fondazione “Alleanza del RnS”. Un documento siglato nel segno di una prossimità costante nel tempo, e resa ancora più concreta in questo anno in cui il Rinnovamento celebra i suoi cinquant’anni di cammino. Lo spiega il presidente Salvatore Martinez, già rappresentante personale della Presidenza italiana in esercizio Osce 2018 con delega alla “Lotta al razzismo, xenofobia e discriminazione” e già presidente dell’Osservatorio sulle minoranze religiose nel mondo e sul rispetto delle libertà religiose.

“In questi anni - afferma -, abbiamo toccato con mano le grandi emergenze umanitarie a cui la Repubblica di Moldavia è stata sottoposta per la trascuratezza politica interna ed esterna, iniziando dalla vicenda della Transinistria, passata nel silenzio colpevole di tutti. Ora, è incredibile immaginare come il Paese più povero d’Europa, la Moldavia, possa far fronte all’esodo di mamme e bambini ucraini. Sono già centinaia di migliaia le persone che chiedono asilo, soprattutto nella capitale Chisinau. Qui, nel Centro missionario e sociale che lavora a sostegno delle famiglie e delle comunità cristiane di tutto il territorio, in collaborazione con la Fondazione “Regina Pacis”, abbiamo deciso di promuovere un piano mirato di accoglienza e di assistenza, facendo di questa crisi umanitaria un’opportunità per sensibilizzare quanti più fratelli possibili a essere spiritualmente coinvolti nel sostegno di questa azione di giustizia e di pace”.

La Chiesa cattolica in Moldova in questo drammatico frangente è ovviamente impegnata in prima linea. Lo precisa mons. Cesare Lodeserto, vicario generale della diocesi e legale rappresentante della Fondazione “Regina Pacis”: “Come credenti, l’auspicio anzitutto è che si possa giungere al più presto ad una condizione di pace. Papa Francesco da tempo chiede questo, manifestando la sua preoccupazione e sofferenza. Altrettanto, il vescovo Anton Cosa non ha mancato di esortare le comunità cattoliche in Moldavia a pregare per lo stesso motivo. È sincera la riconoscenza nei confronti dei moldavi per la generosità manifestata, così come va sottolineata la dedizione da parte delle autorità competenti, che chiaramente collaborano con varie Ong, ambasciate ed organismi di volontariato, locali e internazionali. Si è creata una ‘rete’ realmente virtuosa: oltre alla disponibilità delle mense cattoliche, presso le frontiere vengono erogati anche servizi di accompagnamento per e dalla Moldavia, è offerta un’assistenza psicologica e sanitaria; viene svolta una corretta informazione (affinché i profughi possano sfuggire a forme di sfruttamento, traffico di essere umani e adescamento di minori o donne sole) e sono operativi canali di comunicazione con i familiari trattenuti in Ucraina e quelli presso i quali i profughi intendono recarsi. Non sappiamo quale sarà la durata degli scontri, ma il nostro messaggio - aggiunge Lodeserto - è che la Chiesa cattolica c’è e sarà presente finché l’ospitalità sarà un dovere verso queste famiglie”.

In queste ore così concitate e in preoccupante evoluzione, è ancora la testimonianza di Ludmila, che si fa ‘portavoce’ delle profughe e dei lori piccoli, a scuotere le coscienze. “La tragedia della guerra in Ucraina ha scosso l’umanità intera. Nel primo giorno dell’invasione da parte della Russia anche qua abbiamo sentito le esplosioni. Ho pensato stesse succedendo qualcosa di tragico in Transnistria (occupata dai separatisti russi), che rappresenta una piaga dolorosa per la nostra storia. Prendeva corpo, invece, un’aggressione miserabile, una guerra vergognosa contro il popolo ucraino. Fin dalla mattina del 24 febbraio, è incessante il flusso dei profughi, soprattutto anziani, donne e bambini, ai confini tra Moldova e Ucraina. Questi esseri umani stanno scappando da una follia che non dovrebbe esistere. Attualmente sono già 120mila i rifugiati ucraini in Moldova, di cui 30mila sono bambini”.

Nella struttura messa a disposizione dal RnS, nel pieno rispetto delle normative previste dalle autorità statali, al momento sono otto le famiglie a cui viene garantita assistenza materiale e spirituale: tra loro undici bambini, con le loro mamme e nonne. La maggior parte dei rifugiati viene da Odessa, sbocco geografico cruciale di questo orribile massacro. Colpisce, in particolare, la solidarietà scattata tra loro, anche nelle piccole azioni quotidiane: si consolano a vicenda, attendono dignitosamente il permesso di entrare in Europa, e mostrano un coraggio capace di affrontare prove inimmaginabili.

“Alcuni di loro - prosegue la referente moldava del Rinnovamento - hanno fatto anche 8, 10 km a piedi e hanno aspettato giorni e giorni per entrare in Moldova. Tanto il dolore, tanta l’angoscia per i cari rimasti a casa. I mariti di alcune delle donne qui ospitate prestano servizio nell’esercito ucraino come militari di professione, ci sono tante storie di dolore e sofferenza nelle vite di queste persone, che però, pur con l’animo dilaniato, non smettono di aprirsi all’amore di Dio e degli altri, profondamente colpite dal bene e dall’accoglienza che vengono loro riservati”.

 

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