In preparazione alla Festa della famiglia che nella diocesi di Lecce si svolgerà il prossimo 10 giugno nell’anfiteatro della chiesa parrocchiale di Santa Maria della Porta in città (LEGGI) in preparazione all’Incontro mondiale delle famiglie in programma a Roma dal 22 al 26 giugno prossimi, Portalecce ospita alcune testimonianze (LEGGI) di famiglie cristiane che si sforzano di vivere l’amore coniugale e genitoriale secondo il vangelo. Oggi si racconta Antonella.
A conclusione dell'anno dedicato alla famiglia, fortemente voluto da Papa Francesco, mi inserisco con questa mia testimonianza, affinché possa essere di aiuto a quanti si trovano a vivere la mia stessa condizione familiare.
Mi chiamo Antonella, e compirò 59 anni fra qualche giorno. Ho conosciuto il ragazzo che poi è diventato mio marito nel 1983, in parrocchia, dove facevo la catechista, la corista e animatrice al bisogno. Dieci anni di fidanzamento e poi il matrimonio.
Pensavo di aver coronato il sogno della mia vita: una bella casa, un lavoro ben remunerato di mio marito presso una multinazionale farmaceutica, una buona posizione sociale, la nascita di due figli che mi ha comportato ad essere una mamma a tempo pieno. La nostra vita è trascorsa felicemente fino al 2009, quando una nuvola ha offuscato il sole che brillava nella nostra famiglia: la perdita del lavoro di mio marito, causa licenziamento per riduzione personale.
Da allora tutto è cambiato. Il mancato reintegro nel mondo del lavoro ha portato mio marito lontano da me, dalla vita familiare, dagli affetti. Il nostro matrimonio nel tempo è andato spegnendosi, e ciò ha comportato frequenti litigi seguiti da lunghi silenzi, con mio marito sempre fuori di casa e dalle nostre vite. Col passare degli anni la situazione è andata peggiorando. Ho subito da lui vessazioni e violenze verbali dovuti purtroppo anche all'assunzione di alcool e al forzato isolamento in casa dovuto al Covid, fino a scoprire la presenza di un'altra donna nella sua vita.
Ho tentato in tutti i modi di non distruggere quanto costruito nel tempo, di non dividere la nostra famiglia, ho provato e proposto di ricominciare daccapo, lasciandomi alle spalle il tutto. Ma è stato vano. Dopo quasi 28 anni di matrimonio, mi sono trovata di fronte ad un bivio: continuare questa vita di repressione psicologica e mentale, senza alcuno stimolo, senza una mia indipendenza economica, chiusa in casa a subire solo i comportamenti scriteriati di mio marito, oppure avere il coraggio di reagire?
È stata una scelta molto lunga e sofferta la mia, anche alla luce del futuro dei miei ragazzi che benché adulti (27 e 23 anni), hanno anche loro sofferto una situazione ormai insostenibile. E così un giorno ho telefonato al mio avvocato per fare avviare la pratica di separazione. Avevo toccato il fondo. Ero profondamente depressa per questo mio personale fallimento. Ma in tutto questo tempo il Signore è stato sempre con me. Ho invocato il suo aiuto, affinché mi facesse capire se stessi facendo la cosa giusta. Ho confidato nella sua presenza, quale consigliere e consolatore, ho affidato la mia vita a Lui, chiedendogli di essermi vicina sempre, in tutte le situazioni che avrei dovuto affrontare. Lui è stato ed è la mia roccia, a cui aggrapparmi nei momenti di maggiore sconforto, quando il peso della responsabilità di questa scelta è ricaduta sulle mie spalle, anche quando mi sono ritrovata sola, senza un lavoro, con casa e figli a mio carico. Ho pregato il Signore che non rimanessi sola ad affrontare questo nuovo cammino, così pesante per me, e ringrazio Iddio di avermi ascoltata, affiancandomi un nuovo compagno che attualmente frequento, con cui spero di poter proseguire questo mio nuovo percorso di vita.
Spero che questa mia testimonianza possa essere di conforto per tutte coloro che vivono la mia stessa condizione di separazione, affinché non perdano mai quel punto di riferimento, quella "stella polare" che indica la giusta via, e che sentano l'amore del Signore nel proprio cuore, sia alla luce di quella "vocazione alla maternità" che nessuna separazione può cancellare, sia all'aspirazione alla santità a cui tutti siamo stati chiamati nel giorno del nostro battesimo, come premio di amore e di salvezza eterna.