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La Chiesa di Lecce “intende accompagnare con cura i suoi figli segnati dall’amore ferito e smarrito ridonando fiducia e speranza come la luce del faro di un porto o di una fiaccola portata in mezzo alla gente per illuminare…” (cfr Amoris Laetitia n.29).

“Un’esperienza di amicizia con i divorziati risposati”. Così definisce il suo cammino con loro il parroco di San Giovanni Battista in Lecce e membro dell'Ufficio diocesano di pastorale familiare, don Gerardo Ippolito. “Sette anni fa - ricorda don Gerardo - parlando con una signora molto impegnata in ambito parrocchiale e insegnante di religione, ci siamo accorti della necessità di un cammino spirituale per queste persone separate, divorziate, conviventi che costituiscono famiglie ferite dal fallimento del proprio matrimonio, 'vulnera' che perdurano nel tempo. Abbiamo iniziato a riunire alcuni amici  e intrapreso un cammino di fede, chiamando anche due altre coppie 'regolari' che ci accompagnassero nel cammino.  Si è creato un bel gruppo. Inizialmente ci siamo 'raccontati'  le storie, le esperienze , le sofferenze. Non è stato facile, in quanto tali  coppie nutrivano quasi un rancore verso la Chiesa, essendosi sentite, forse anche da parte di noi sacerdoti,  respinte, escluse dalla comunità ecclesiale”. 

Don Gerardo, ma come è partita l'esperienza?

Nei primi due anni abbiamo cercato, negli incontri mensili con loro, di andare 'intus et in cute', cioè in  profondità, in modo che ognuno traesse fuori da sè quanto lo  aveva macerato dentro e cominciasse a conoscere meglio ciò che afferma la Chiesa. Per cui la ha riscoperta come 'madre', che non esclude nessuno, perché tutti siamo figli di Dio. Se non si può prendere la comunione si puà amare il fratello, si può ascoltare la Parola di Dio: anche lì c’è Gesù perché Dio è dentro ciascuno.

È stato necessario un discernimento nel tempo?

Sì, perchè c’è anche un avvicendamento: oltre al nucleo assiduo e fedele da sette anni, con cui proseguiamo il cammino insieme,  c’è qualcuno che è venuto, ci ha ascoltato, ma poi non ha perseverato. Però, ci domandiamo: nella società purtroppo tante famiglie sono in difficoltà. Come mai molti non sentono l’esigenza (forse dipende anche da noi sacerdoti) di iniziare un cammino di fede, di riavvicinamento?

Un ulteriore passo in avanti è stato quello di impegnarci con loro nel volontariato, di mettere in pratica quest’amore non solo tra noi, ma anche verso gli altri. Perciò, uno del gruppo si impegna a seguire i ragazzi con disabilità nella pallacanestro, un altro è responsabile nazionale di pallavolo femminile, altri aiutano in parrocchia. Tutte persone separate, alcune conviventi.

Questa è misericordia e carità. E anche integrazione.

Sì, queste famiglie riscoprono Dio amore, la Chiesa 'madre'. Soprattutto quando abbiamo riflettuto per un anno sull’Amoris Laetitia, l’esortazione tanto attesa di Papa Francesco, quanta gioia ha suscitato in loro nel sentirsi accolti (basta leggerne l’ottavo capitolo)! Si è rinnovato anche il nostro entusiasmo. Ogni mese partiamo dal Vangelo: un anno abbiamo riflettuto su alcuni personaggi di esso, come Pietro , Giuda, la Samaritana, Matteo;  un altro su alcune frasi del Nuovo Testamento. Attualmente, il primo tema a ottobre 2018,  è stato “Il coraggio della testimonianza”, il mese successivo “Pietro o Giuda?L’arte del ricominciare”. Dopo un momento di preghiera per il Natale, a gennaio abbiamo vissuto l’incontro bellissimo con il nostro vescovo; nel mese di febbraio il motivo di riflessione  sarà “L’amore di Giovanni Apostolo”; a marzo “Da Eva a Maria passando per Maddalena”; ad aprile “L’accompagnamento spirituale ed il discernimento”. Ecco, si è creato un gruppo che definirei “ecclesiale”e adesso, con il permesso del vescovo, faremo parte della pastorale familiare. Mons. Seccia, appena è arrivato, ci ha incoraggiati a proseguire il cammino anche in seno ad essa e avremo qualche nostro rappresentante nella programmazione.

Il matrimonio, quindi. è sempre un dono, una “storia di salvezza”.

Certo. Prima di tutto cerchiamo di riscoprire la bellezza del dono, ma trovandoci dinanzi a famiglie ferite, come dice il Papa, noi siamo come “ospedali da campo”, accogliamo tutti, cerchiamo di sanarle, di farle sentire amate e non segnate dal peccato in eterno.

Sono persone che nell’ambito della Chiesa possono vivere nella grazia e nella carità

Certamente restano fermi i principi della Chiesa del matrimonio unico ed indissolubile, ma è un’esperienza bellissima il fatto che conosciamo il dolore di queste persone e lo condividiamo facendoci una cosa sola con loro. Discernimento è proprio vedere i passi progressivi di ognuna di esse che vuole amare Gesù.

Chi le accompagna nel percorso?

Io, in qualità di sacerdote, con la benedizione prima di mons. D’Ambrosio e ora di mons. Seccia, un’insegnante di religione, una coppia di docenti universitari ed un’altra coppia formata da un avvocato ed un’insegnante di scuole secondarie di II grado, che hanno esperienza di evangelizzazione e catechesi presso la parrocchia di S. Antonio a Fulgenzio.

Per concludere, nella famiglia, secondo l’insegnamento di Papa Francesco, è importante l’uso di parole come “permesso, scusa, grazie”.  Non è sempre fondamentale nel rapporto tra coniugi?

Certo. Come è basilare nelle famiglie regolari, tanto più vale nelle coppie di divorziati risposati, perché non è cambiando partner che mutino le modalità di rapporti. Noi insistiamo, affinchè questi siano solidi e duraturi, anche per il bene e la serenità dei figli.

 

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