È inutile nasconderlo: viviamo in un tempo nel quale la famiglia non se la passa molto bene.
I sintomi di questo malessere sono molti, ma due più di tutti sottolineano il disagio insito nelle relazioni parentali: la crisi dei ruoli genitoriali e la crisi che attraversa le giovani generazioni, che della famiglia sono il “frutto” più importante.
Le cronache quotidiane testimoniano sempre più spesso la presenza di figure genitoriali incapaci di gestire costruttivamente la distanza educativa necessaria alla crescita dei figli: padri e madri che si “coalizzano” con la prole per delegittimare il ruolo sociale di insegnanti ed educatori; genitori che “colludono” con le rappresentazioni falsate che i figli propongono di tali figure, al punto da giustificare comportamenti violenti e distruttivi, sulla base di atteggiamenti relazionali volti a minimizzare e azzerare l’efferatezza di tali performance.
Il vuoto educativo e relazionale che caratterizza queste famiglie trova, del resto, riscontro nelle identità giovanili e adolescenziali sempre più disorientate. Giovani in età evolutiva incapaci di sintonizzarsi con l’universo emotivo dell’altro; del tutto privi del più elementare senso di realtà che li renda capaci di concepire le conseguenze del loro agire; immersi in un universo virtuale sempre più allucinato, nel quale sembra che tutto sia “a portata di click” e dove non esiste la possibilità che un desiderio non possa essere soddisfatto.
Di fronte a questo scenario devastante, che cosa rimane della famiglia? Le si può ancora riconoscere un ruolo all’interno della realtà sociale?
La risposta a tale quesito non è agevole, sia perché è difficile da rintracciare, sia perché, una volta rintracciata, può sembrare gravata dal limite del paradosso.
Può sembrare quasi una battuta ironica, eppure, se la famiglia vuole recuperare un senso in questi tempi difficili, l’unica strada che può percorrere è quella di fare riferimento alla sua vocazione tradizionale: quella di essere sede di forti legami di attaccamento; di essere luogo di costruzione e sperimentazione di quei legami che restituiscono sicurezza, mettono al riparo dall’ansia generata dall’incertezza; istituirsi come uno spazio di vita che, nonostante la crisi, restituisce fiducia e fa ritrovare la speranza nel futuro.
Il paradosso sta proprio in questo: la famiglia in crisi può ritrovare un senso proprio nella sua intrinseca capacità di proporsi come un sistema di relazioni che argina i rischi indotti dalla crisi.
La famiglia porta con sé il problema e la soluzione. In questo risiede la sua forza. Nonostante il deterioramento indotto dalla crisi, essa si profila come uno spazio che consente di credere che la solidarietà è ancora possibile, che la perdita di tutto non implica necessariamente lo smarrimento dell’essenziale; che il dramma può sottrarci al mondo, ma non avrà mai la capacità di sottrarci a noi stessi e all’amore di chi ci vuole bene.
Certo: la soluzione del paradosso non arriva da sé; richiede impegno. È possibile soltanto nella misura in cui ciascuno riesce a guardarsi dentro, a guardare ai suoi legami significativi e a ritrovare la forza generativa di vita che agisce al loro interno. Anche questo non è facile. Ma non è impossibile. Nel migliore dei casi, conviene almeno provarci.
La festa diocesana della famiglia dal titolo “Insieme è più bello. Chiesa e famiglie in cammino sinodale” si svolgerà venerdì 22 settembre a partire dalle 19,30 presso l'anfiteatro della parrocchia Santa Maria della Porta. IL PROGRAMMA QUI SOTTO.