Numerosi spunti di riflessione e temi rilevanti da approfondire. Questo è ciò che lascia in eredità la Festa dei giornalisti del Salento, che si è celebrata ieri, presso la parrocchia della Santa Famiglia, a Trepuzzi.
L’appuntamento è stato voluto ed organizzato dall’arcidiocesi di Lecce ed ha visto la presenza di Vincenzo Corrado, direttore dell’Ufficio nazionale delle comunicazioni sociali della Cei. Una ricorrenza, quella delle Festa dei giornalisti di quest’anno, che assume un significato particolare, perché giunge all’indomani della pubblicazione del Messaggio di Papa Francesco in occasione della Giornata mondiale delle comunicazioni. Un documento, quello del Santo Padre, che racchiude tutto il senso che Francesco intende imprimere a quella delicata funzione che è l’esposizione della realtà. Emblematico il titolo del messaggio, che riprende un versetto del libro dell’Esodo: “'Perché tu possa raccontare e fissare nella memoria’ (Es 10,2). La vita si fa storia”.
L’incontro di Trepuzzi, cui sono intervenuti tanti giornalisti ed operatori del settore, è stato introdotto da don Antonio Murrone, direttore dell’Ufficio diocesano delle comunicazioni sociali, ed è stato presieduto dall’arcivescovo di Lecce, mons. Michele Seccia.
“Quella del giornalista o, in generale, del divulgatore - ha detto Seccia nella sua prolusione - è un compito delicato ma allo stesso tempo fondamentale per il vivere sociale. Quando, in diocesi, si è deciso di dar vita ad un portale di comunicazione, ho voluto fortemente che rappresentasse, anche a livello figurato, una porta aperta, in modo tale che tutti possano entrare ed uscire, in massima libertà e con la consapevolezza di accedere ad un’informazione completa e senza condizionamenti”.
“Filo conduttore del messaggio di Papa Francesco - ha esordito Vincenzo Corrado nel suo intervento - è la narrazione, intesa nel suo significato più profondo ed autorevole. Sono proprio la narrazione, e quindi il raccontare, gli elementi che devono contraddistinguere chi si occupa oggi di comunicazione. A differenza di ciò che accade purtroppo sempre più spesso, quando ci si limita a diffondere un fatto senza che esso poi rimanga impresso nella mente, è necessario trovare la giusta impronta culturale. Ed il percorso da compiere è solo uno, riscoprire la memoria; solo la memoria infatti ci consente di non disperdere il patrimonio fatto di storie, piccole e grandi, più o meno importanti, più o meno considerevoli”.
“E la memoria, poi - ha detto ancora il direttore dell’Ufficio nazionale delle comunicazioni sociali della Cei - richiama strettamente la tradizione, senza la quale i popoli non avrebbero futuro. Dobbiamo essere capaci di tradurre questo processo in un dialogo generazionale, che costituisce il denominatore comune dell’autenticità del nostro migliore passato. Riprendiamoci la nostra identità ed impariamo a discernere tra storia positive e storie negative. Il discernimento è importante e si esplica attraverso tre principi fondanti: la conversione personale di chi scrive e di chi è chiamato a divulgare, per saper scegliere ciò che si deve poi raccontare; la maturità sapienziale, per capire come veicolare una notizia o un fatto; la competenza, per offrire un servizio fatto di capacità e preparazione”.
Con il fine ultimo di narrare storie belle e positive. Che fanno bene all’animo ed allargano il cuore.
Al termine dell'intervento di Corrado, la comunità dei giornalisti si è trasferita in chiesa per partecipare all'eucarestia presieduta dall'arcivescovo in coincidenza con la prima “Domenica della Parola di Dio”.