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Rivedo don Franco Lupo nei miei ricordi di ragazzo, quando alcuni miei compagni mi parlavano entusiasti del loro professore di religione. Era un incanto.

 

 

Don Franco sapeva stare con i giovani e sapeva ascoltarli, soprattutto se la reticenza lasciava la parola agli sguardi. I ragazzi lo cercavano e lui sapeva donarsi all’incontro e al dialogo.

Più tardi, avrei scoperto con quale facilità egli incontrasse l’intera città: conosceva tutti e a ciascuno trasmetteva gioia, entusiasmo e, al momento propizio, anche qualche garbato rimbrotto, con il tono di chi capisce, e non intende censurare; anzi, vuole offrire comprensione ed aiuto fraterno. Il tono, il clima, il tratto fondamentale era di aperta convivialità.

I suoi sorrisi penetravano nel cuore, molto più di quanto non consentisse il suo temperamento, sicuramente vivace, battagliero, esuberante e, però, sempre ordinato da una disciplina interiore che lo rendeva impareggiabile nella padronanza di sé e nell’apertura al dialogo.

Assidua compagna di questa fine sensibilità era la sua cultura, profonda, ma non saccente, spesso distillata attraverso il filtro della bonomia prestato dal vernacolo di cui era davvero maestro.

Molti hanno letto qualche sua poesia in dialetto leccese; e per fortuna alcune sue pagine sono state conservate a partire da quelle raccolte e consegnate alla stampa. Nel periodo in cui veniva a trovarmi a L’Ora del Salento, ho avuto lo straordinario privilegio di rileggere le bozze del suo eccezionale “Cose de Ddiu”, del quale sarebbe bello allestire una riedizione, come di tante altre sue pagine.

La sua creatività sprizzava dagli occhi, la si coglieva nelle parole, nelle battute improvvise e penetranti, nel gesto comportamentale, nella attenzione ai bisogni inespressi, nella disponibilità all’azione formativa. Non sapeva rinunciare al servizio, anche quando gli acciacchi avrebbero consigliato situazioni più tranquille, sempre e comunque si mostrava discreto e instancabile apostolo di carità.

Le sue opere, le sue pagine in vernacolo e, insieme, la testimonianza di quanti lo hanno incontrato renderanno presente il suo ricordo e lo trasmetteranno alle giovani generazioni, alla “Gente bbona” di Lecce e della sua Chiesa che egli tanto amava.

Foto di Arturo Caprioli

 

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