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L’uomo, da tempi immemorabili, ha sempre desiderato comunicare privilegiando canali espressivi che fossero di immediato accesso; egli ha usato la scrittura in modo efficace, affinché con essa si potesse raggiungere il maggior numero di fruitori. 

È passato, dunque, dai graffiti preistorici alle prime tavolette di argilla -atte alla comunicazione commerciale- ai raffinati testi scritti su rotoli di papiro. Tra Medioevo ed età moderna l’uomo ha utilizzato la pergamena finemente miniata e la carta filigranata; per giungere ai giorni nostri (dopo le grandi ed importanti pubblicazioni del secolo dei Lumi) in cui è combattuto se sfogliare il più tradizionale libro “di carta” o consultare un tecnologico e-book. Financo a domandarsi: meglio essere fruitori di una biblioteca o accedere ad una library on-line? 
Il discorso diviene complesso ed articolato -più si va avanti con la riflessione- ed esula dall’intento principale di queste poche righe, che vogliono solo richiamare alla memoria un evento legato alla necessità di comunicare. Una Chiesa che comunica, infatti, è una Chiesa viva e vivace, che vuole camminare sulle strade degli uomini, nella propria terra, senza stancarsi ed arrendersi di fronte alle fake news. 
È motivo di grande piacere far memoria di una data storica, importante, che racconta di motivazione pedagogica e voglia di crescere. Il 27 ottobre 1939, alla vigilia dei grandi sconvolgimenti europei causati dalla seconda guerra mondiale, veniva pubblicato -tra le mura dell’antico seminario diocesano- il primo numero de “La voce dei piccoli leviti - organo del Seminario vescovile di Lecce”.
Quattro semplici facciate, supplemento de L’Ordine, di un utile strumento per far conoscere alle famiglie dei seminaristi, alle comunità parrocchiali, ai sacerdoti e ai fedeli della diocesi, la vita e le attività educative, liturgiche e pastorali dei “piccoli leviti”. Una storia editoriale durata quattordici anni: tra il principio della seconda guerra mondiale e la nascita della Repubblica, fino al 1953 .
L’allora vescovo Alberto Costa, in un messaggio augurale per il primo numero, così si esprimeva: «Clama, ne cesses; questa la consegna che diamo al nuovo periodico […] e la sua non sia la voce di chi grida nel deserto; ma la voce di santa riscossa, che risuoni dall’uno all’altro confine della Diocesi, vada nelle famiglie, penetri nelle scuole, entri negl’istituti, a suscitare in tutti un vivo interesse per le sorti del seminario, cuore donde fluisce il sangue nelle arterie della diocesi».
Occorreva (ma credo anche oggi occorra) rendere tutti partecipi della vita e dell’azione educativa del seminario, in esso si formava e cresceva “il futuro presbitero” delle nostre comunità cristiane. Il vescovo Costa nel modo più giusto e concreto richiamava le coscienze con un monito del profeta Isaia: Clama, ne cesses! “Grida a squarciagola, non aver riguardo; come una tromba alza la voce"(Is 58,1). Perché piccoli leviti? Il riferimento è chiaro: Aronne era della tribù di Levi, ciò attribuì ai Leviti la posizione di peculiare importanza: erano consacrati a Dio ed avevano ruoli religiosi differenti rispetto a quelli di altre tribù israelite.
Interessante, e quanto mai attuale, la motivazione posta in essere dai responsabili del bollettino (direttore responsabile: mons. Antonio Agrimi, amministratore don Antonio De Pandis), sulla opportunità di uno strumento di comunicazione per il Seminario: «Noi non vediamo altro mezzo. La stampa, chiamata il quarto potere, domina e dirige tutte le manifestazioni della vita moderna, e spesso determina nella vita dei popoli, nuovi indirizzi che li portano a sicuri destini di grandezza o di rovina. Perché anche il seminario non deve fare sentire la sua voce in mezzo ai fedeli della Diocesi, non pochi dei quali forse ne ignorano l’esistenza, o credono che esso sia qualche cosa che assomigli a un ricovero di mendicità, o sia un’istituzione superflua ed inutile? Eppure mai come nei tempi nostri, dinamici ed inquieti, e nei quali la vita si svolge con ritmo sommamente accelerato e nervoso, è necessario ed indispensabile che il seminario viva e prosperi e sia amato e sorretto da tutti».
Già nel 1939, in una Italia povera e segnata dalle gravi scelte politiche del fascismo, a pochi mesi dall’ingresso in guerra al fianco della Germania, i redattori de “La voce dei piccoli leviti” sottolineavano – per i propri lettori - come la vita quotidiana fosse divenuta inquieta e dinamica; si riteneva, inoltre, l’allora momento storico come “sommamente accelerato e nervoso”. Un’analisi oggettiva e profetica! Una lettura storica corretta e puntuale! Tanto occorrerebbe riflettere sul tempo passato, per non commettere oggi gli errori che furono commessi allora.
In un famoso romanzo di L. Carrol possiamo leggere una frase illuminante: “È una memoria di scarso valore quella che lavora solo per il passato! - osservò la Regina (rispondendo ad Alice)”. Pertanto, sarebbe utile riprendere il mano le annate dello storico organo del seminario vescovile, ricostruirne il percorso svolto, recuperarne i dati storici e statistici in esso riportati ed utilizzarne i contenuti di maggiore impatto anche per il presente. Del resto, sull’importanza dello studio del passato per trovarne utilità nel presente ne ha parlato anche papa Francesco, in un recente dialogo con i giovani.

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