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In preparazione alla giornata di domani 1° giugno, quando la Chiesa di Lecce farà memoria dell’arcivescovo Cosmo F. Ruppi (GUARDA SOTTO) nel decimo anniversario della morte (29 maggio 2011), Portalecce pubblica le testimonianze di chi lo ha conosciuto al fine di ricordarne le parole e le azioni di “pastore secondo il cuore di Dio”.

 

 

 

Il mio personale ricordo di mons. Ruppi è legato al rapporto che il compianto arcivescovo ha avuto con l’istituzione provinciale e, in modo particolare, con il Presidente dell’epoca, il sen. Giovanni Pellegrino.

In Provincia, sapevamo bene quanto il presule si fosse speso per l’accoglienza dei migranti e conoscevamo la tenacia con cui si era adoperato per realizzare opere di carità nell’Europa dell’est, eppure nessuno di noi si poteva immaginare una situazione simile a quella in cui ci trovammo quando il vescovo insistette per compiere un viaggio e vedere con i nostri occhi la realtà di Chisinau, in Moldavia.

All’inizio, ricordo l’imbarazzo del sen. Pellegrino e di noi tutti che lo accompagnavamo nell’accogliere l’invito. A mons. Ruppi però brillavano gli occhi ogni volta che parlava dei poveri e raccontava di ragazzini moldavi che, per schivare il freddo e il gelo dell’inverno, dormivano dentro i tombini, da dove passavano le condotte per il riscaldamento della capitale. Fu proprio quello sguardo, capace di fissarti negli occhi, che rendeva impossibile ogni sorta di diniego. Anche il presidente Pellegrino si rese conto che, in fondo, mons. Ruppi chiedeva di vivere un’esperienza diversa dal solito e di intraprendere un viaggio “particolare”, che non aveva un fine turistico, ma nemmeno prettamente religioso: era un pellegrinaggio nel mondo dei poveri.

Organizzatore puntuale e preciso, mons. Ruppi curò ogni dettaglio della visita, avvalendosi della solerzia e della competenza sul campo di don Cesare Lodeserto, il quale, da qualche anno, aveva aperto la Fondazione Regina Pacis anche in Moldavia. Quando arrivammo, si aprì ai nostri occhi un mondo che non avremmo mai immaginato. I volontari della Fondazione avevano costruito un forno,  distribuivano il pane ai bambini di strada durante il giorno e li andavano a trovare nei tombini della città durante la notte. Veramente si apriva il cuore nel vedere tanta povertà e tanta generosità. Fu una delle poche volte in cui vidi il sen. Pellegrino commuoversi e ripetere a noi, suoi collaboratori: “Non lo avrei mai pensato! Credevo che il vescovo esageresse, descrivendo la povertà della Moldavia… e invece era tutto tremendamente vero”.

L’esperienza in quella terra durò solo pochi giorni, ma furono sufficienti per riempire i nostri cuori e aderire a quelle parole che Ruppi ci diceva prima del viaggio: questa esperienza vi cambierà la vita.

Conoscere da vicino mons. Ruppi è stato per me un vero onore, perché compresi di trovarmi di fronte non solo a un uomo delle istituzioni che aveva un ruolo di primo piano nel cammino della comunità salentina, ma mi resi conto della grande figura di pastore dal cuore intrepido e generoso, pronto a spendersi per il Vangelo in cui credeva e veramente in grado di rendere credibile la “Chiesa del grembiule”, disponibile a farsi carico delle necessità degli ultimi.

 

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