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Venerdì sera 18 giugno si è alzato il sipario sull’Accademia della carità, il nuovo servizio ideato dalla Fondazione “Casa della Carità” di Lecce.

 

 

 

La location di conclamata sacralità, la cattedrale di Lecce, ha aggiunto splendore all’evento celebrato che, trasmesso in diretta su Portalecce e Telesalento (GUARDA), ha visto una accorata partecipazione di popolo, insieme ad una nutrita rappresentanza delle autorità civili operanti sul territorio guidate dal sindaco Carlo Salvemini e da un nutrito gruppo di sacerdoti.

Gli unici posti riservati, tuttavia, erano per i poveri, come non mai in prima fila, in un evento che li ha visti protagonisti e artefici della carità; sono stati un inno alla bellezza che si intersecava con l’arte e la storia del Duomo leccese.

A fare gli onori di casa l’arcivescovo Michele Seccia unitamente al suo confratello vescovo Cristoforo Palmieri, anch’egli parte attiva e pensante nella stesura di questa ulteriore pagina di carità della Chiesa di Lecce.

La missione quotidiana che questo nascitura istituzione si prefigge è, infatti, quella di mettersi al servizio dell’altro ascoltandone i suoi bisogni più profondi e, a prescindere dalle difficoltà che la vita può porre, ricostruire un percorso per ritornare a sognare e a riappropriarsi del proprio posto nella società.

Il progetto, diretto dal regista e sceneggiatore leccese Alessandro Valenti con l’ausilio di docenti e volontari che con alacrità donano tempo e risorse per questa nobile causa, ha come protagonisti e primi fruitori gli indigenti della città ed in particolare gli ospiti che quotidianamente popolano la Casa della Carità di Lecce, con le loro capacità, attitudini e passioni e, soprattutto, con la loro voglia di rimettersi in gioco.

Ha dichiarato un entusiasta e vulcanico Valenti: “Il nostro impegno, oggi, è quello di porre la relazione al centro del progetto e muovere le coscienze di tutti per realizzare un grande sogno: far diventare protagonisti dei cambiamenti sociali chiunque oggi vive ai margini”.

Nel corso dell’incontro gli ospiti delle cinque strutture-satellite della Casa, coloro cioè che fin dal sorgere di questa fiumana di amore della comunità ecclesiale leccese si sono cimentati in tale itinerario di accompagnamento, hanno commosso e meravigliato i presenti con la condivisione delle loro testimonianze, mettendo tutti a parte circa il vasto mondo dell’azione di prossimità della fondazione che, soprattutto in tempo di pandemia, ha incanalato tutte le sue risorse verso la strategia sociale dell’housing.

Si è espressa così Simona Abate, coordinatrice della Casa della Carità: "L’autonomia abitativa realizzata nel social housing, congiunta al supporto culturale offerto dall’Accademia della carità, emancipa e accresce la dignità dei senza fissa dimora che si ricentrano, con fiducia e convinzione, nella loro storia personale, riacquistando nella società il posto che il dramma della povertà aveva loro tolto finendo per privarli, financo della loro dignità".

A suggellare una serata dallo squisito sapore evangelico, il protocollo di collaborazione siglato con l’Azione cattolica diocesana così da voler simboleggiare l’importanza della sinergia nel mondo di un volontariato orientato all’ascolto delle problematiche sociali più gravi.

Così commenta il presidente diocesano Mauro Spedicati: “il nostro servizio nella Chiesa e sul territorio, si arricchisce stasera attraverso un segno, un passaggio simbolico che però ha alle spalle e davanti a sé l’impegno di tante persone che, senza far rumore, si sforzano di generare occasioni di vita buona”.

La “benedizione” finale giunge da un arcivescovo Seccia entusiasta, commosso ed ammirato davanti ad uno “spettacolo” di carità che rappresenta un vanto per il quale rendere grazie al Signore ma costituisce anche un incoraggiamento a fare sempre meglio, come egli stesso ha evidenziato: “Andiamo avanti! Non dobbiamo fermarci né guardare compiaciuti ciò che abbiamo fatto. Il Signore continua a passare dalla nostra vita e ci pone dinanzi a sfide nuove, inedite, improvvise, volte a farcelo riconoscere, amare e servire in quelli che io amo chiamare i tabernacoli più belli che Lo custodiscono. Perciò vi incoraggio e, mentre tifo per voi nel servizio che rendete a nome della Chiesa, prego perché il Signore vi dia luce, sostegno e coraggio per vivere con spirito sempre rinnovato l’esercizio della carità”.

Gli occhi, lucidi e ammirati per la commozione, il cuore che sprizza gioia e le braccia tese per donare amore sono divenuti da ieri i tre poli che, con l’aiuto di tutti, consentono alla Chiesa di Lecce di essere madre premurosa che accoglie, sorregge e ama.

 

 

 

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