Dopo una settimana prevedibilmente convulsa, l’Italia può salutare il nuovo Presidente della Repubblica e soprattutto può contare nella guida capace, equilibrata e laboriosa di tre uomini eccezionali: Sergio Mattarella, capo dello Stato, Mario Draghi, capo del Governo e Giuliano Amato, neopresidente della Corte costituzionale.
Con queste “garanzie” si può essere ottimisti e si può guardare con fiducia al prossimo futuro, ma occorre anche far sentire la voce della società civile. In questi giorni il popolo ha avuto le sue guide, quelle principali, le più autorevoli; ora però deve muoversi in vista del bene comune. Sono tante e tali le attese e i bisogni, che senza la collaborazione di tutti e di ciascuno c’è il rischio dell’insuccesso. Il futuro dell’Italia è nelle nostre mani e spetta a noi decidere in quale direzione vogliamo andare.
Mentre la televisione ci faceva vedere quel che accadeva a Roma, fra i palazzi della politica, rileggevamo la nostra Costituzione e pensavamo a tre o quattro compiti, non proprio facili e però urgenti e irrinunciabili. Da domani occorre riprendere a dibattere, a suggerire, a sollecitare, a chiedere, a controllare e a verificare perché al centro e nelle periferie non si perda tempo e ciascuno dia il proprio contributo.
In primo luogo è urgente, improcrastinabile ed essenziale invocare in tutte le sedi e in ogni circostanza, una radicale revisione del bilancio dello Stato, a partire dalle spese per gli armamenti che invece crescono sempre più, soprattutto per l’acquisto di nuovi sistemi d’arma. Ricordiamo che la nostra Costituzione proclama che l’Italia ripudia la guerra. E però l’Italia non smette di possedere, fabbricare, vendere e comperare armi... C’è qualcosa che va rivista e corretta, se davvero vogliamo lavorare per la pace nel mondo.
In secondo luogo, occorre riprendere una discussione già avviata nell’estate passata, quando si parlava di revisione della fiscalità. Non si tratta soltanto di ritoccare e diminuire le tasse, ma di prendere atto che nella stagione della pandemia, le ingiustizie sociali sono aumentate e l’indigenza si è diffusa: i poveri sono diventati più numerosi (e sempre più poveri); mentre i ricchi sono diventati sempre più ricchi. Il riequilibrio di questa situazione è possibile, facendo tesoro – ancora una volta – di quel che dice la nostra Costituzione, dove si prospetta il criterio della gradualità contributiva. Chi ha di più, può (e deve) dare di più; altro che aliquota unica ed altre amenità di questo tipo ...
In terzo luogo, giova ripensare alle regole, alle forme e all’esercizio della rappresentanza politica. Non basta invocare una riforma dei “partiti” - che già sarebbe una grande impresa - ma occorre congiuntamente rivedere una serie di “meccanismi” che nel tempo si sono inceppati. Si tratta di questioni molto delicate e fra loro interconnesse, che richiedono un disegno coerente. Prima di ipotizzare modifiche costituzionali, giova tener presente l’impalcatura complessiva della nostra Costituzione, cercando di capire che se si muove un tassello, c’è sempre il rischio che venga giù l’intero sistema.
E così arriviamo alla quarta nostra proposta: riprendere la Costituzione perché tutti la leggano, tutti la usino come guida e criterio di decisione e di scelta, perché possa essa ritrovare una sua nuova giovinezza, a partire dall’idea stessa di cittadinanza. La Carta Costituzionale ci ha voluto cittadini e non sudditi. Questa straordinaria identità è da conquistare e da difendere, sia nei rapporti con le amministrazioni e con i poteri dello Stato sia nel ruolo da esercitare nei gruppi sociali e negli organismi politici. E questo va fatto tutti i giorni: anzi deve poter diventare permanente stile di vita.
Ripensando a questi compiti, gli auguri di buon lavoro che da queste pagine facciamo giungere al Presidente Mattarella, vanno interpretati come segni di gratitudine e di incoraggiamento e come offerta e richiesta di collaborazione perché ogni Organo dello Stato ci voglia davvero riconoscere nella nostra dignità di cittadini. Grazie Presidente.