Di brutture, nel mondo, non ne mancano. È brutta la guerra, è brutta la pandemia, è brutta la crisi economico e sociale, è brutta la violenza, sono brutti gli abusi sugli altri e di potere, sono brutte la corruzione e le mafie, è brutto il disastro ambientale, sono brutte l’ingratitudine e il sopruso. E tanto altro.
Volenti o nolenti ne siamo spesso spettatori, forse né più, né meno di altri periodi. La memoria li continua a conservare e noi non riusciamo a distaccarci: bambini uccisi o abusati; poveri e immigrati esclusi, maltrattati e umiliati; delinquenti della politica e delle mafie che rubano a più non posso; la natura saccheggiata e distrutta e via discorrendo. Quante brutture!
Che facciamo, allora, con le nostre brutture? Spesso ripetiamo la frase di Fëdor Dostoevskij: “La bellezza salverà il mondo”. Lo facciamo a metà fra un augurio e un’invocazione magica. Ci sarebbe da chiedersi: ma quale bellezza? Proveniente da dove? Fondata su cosa? Dono o impegno? Domande un po’ troppo impegnative… Forse serve solo un po’ di illusione a buon mercato e allora ci sta bene lo slogan “la bellezza salverà il mondo”. Ma intanto il mondo continua a sfornare bruttezze.
Oggi è la festa di Maria Immacolata, colei che noi cattolici chiamiamo Tota pulchra, Tutta bella. Cantare, di Maria, Tutta bella sembra quasi una sfida: lei veramente bella, ma noi? La bellezza di Maria sempre tanto lontana, quasi impossibile come modello per l’oggi. Certo non possiamo godere del privilegio di Maria: essere preservati da sempre e per sempre da ogni contaminazione di peccato e bruttezza. Ma possiamo fare un cammino di riscoperta e conferma della bellezza che è in noi. Si, perché in ogni donna e in ogni uomo, anche nei più brutti e cattivi, esistono germi di bellezza, magari soffocati o non sviluppati. La bellezza, infatti, non è prerogativa solo dei credenti, ma di tutte le donne e gli uomini di ogni etnia, cultura e religione. Bisogna saperla cercare, la bellezza.
Va da sé che esse è prima di tutto dentro di noi e rende bello anche quello che i canoni estetici o i gusti commerciali ritengono brutto, sia esso qualcuno/a o qualcosa. Ancora Fëdor Dostoevskij: “Tutto l’equivoco sta nel capire che cosa sia più bello: Shakespeare o un paio di stivali, Raffaello o il petrolio”… “Ma io dichiaro - gridò Stepan Trofimivic all’ultimo stadio del furore - che Shakespeare e Raffaello stanno al di sopra della liberazione dei servi della gleba, al di sopra di ogni nazionalità, al di sopra del socialismo, al di sopra della giovane generazione. L’umanità può vivere senza la scienza, può vivere senza pane, ma soltanto senza la bellezza non potrebbe più vivere, perché non ci sarebbe più niente da fare al mondo! Tutto il segreto è qui, tutta la storia è qui. La scienza stessa non resisterebbe un minuto senza la bellezza”.
Molte figure bibliche sono belle perché non sono né scienziati, né super capaci, né super dotati. Maria quando riceve l’annuncio dell’angelo è una giovanissima donna impaurita ma aperta a capire il piano di Dio per lei. Non è pronta, non sa tutto, non è sicura, ma si turba, si interroga, chiede spiegazioni. La bellezza in lei - come in tutti noi - non splende immediatamente, non è un effetto cinematografico. È il frutto di un cammino. È un anelito profondo. È una disposizione interiore. È il desiderio di vivere nella bellezza, cercando di non perderla mai.
L’ha scritto bene scritto Elisabeth Kübler-Ross: “Le persone più belle che abbiamo conosciuto sono quelle che hanno conosciuto la sconfitta, la sofferenza, lo sforzo, la perdita e hanno trovato la loro via per uscire dal buio. Queste persone hanno una stima, una sensibilità, e una comprensione della vita che le riempie di compassione, gentilezza e un interesse di profondo amore. Le persone belle non capitano semplicemente; si sono formate”.