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Piazza Duomo alle 8 del mattino tutti i giorni. Anche il primo dell’anno è così. È la fotografia della città sconosciuta, silente e bella. Alla fine dell’anno come anche all’alba di un nuovo capitolo di una storia che appare già scritta con rari accenti di futuro luminoso.

 

 

 

Non si tratta dei turisti della prima ora, anche perché a quell’ora le chiese del centro storico sono ancora chiuse e lo zaino vuoto in spalla è l’unica provvidenza della giornata, tutta ancora da ricevere in dono. Sono i pellegrini solitari che, ogni mattina, alla buon’ora, appoggiati alle pareti imponenti dell’episcopio, aspettano il vescovo di ritorno dalla messa quotidiana alle Benedettine e lo attendono sotto casa, a volte per ore, fiduciosi di poter mettere in tasca briciole di speranza. Quasi mai lasciano la piazza a mani vuote.

È la Gente bbona cantata da don Franco Lupo che, anche se figlia di epoche diverse, resiste immortale. Volti di gente povera, che domani diverrà memoria di un passato ricco di vicende colorite, semplici e portatrici di bellezza semplice.

Lecce, questa vocazione, la porta scritta nel cuore: città bellissima e povera. A Lecce sembra che tutti si sentano fratelli.

Ma attenzione “una città accogliente e fraterna - scrive Papa Francesco - non si riconosce dalla ‘facciata’, dalle parole, dagli eventi altisonanti. No. Si riconosce dall’attenzione quotidiana, dall’attenzione ‘feriale’ a chi fa più fatica”. Si riconosce dal coraggio di guardare “a ognuno dei suoi figli, a ognuno dei suoi abitanti, anzi, a ognuno dei suoi ospiti”. Anche a quelli indesiderati.

Lecce non finisce di incantare di quella bellezza incorniciata da fregi barocchi. Ma per tanti pellegrini solitari, per quelli che non trovano collocazione nella cornice dell’infinita opera d’arte, è anche una città faticosa. Una città che a volte “sembra” scartare e delegare la missione della solidarietà sempre ad altri, non si sa a chi.

L’auspicio per il nuovo anno, allora, è che tutti, chi vi abita e chi vi soggiorna per lavoro o turismo, tutti possano apprezzarla non solo per lo stupore provocato dal fascino della sua natura, della sua storia e della sua arte ma anche per la bellezza dell’accoglienza e della cura dei più fragili e vulnerabili.

Di strada se n’è fatta tanta, è vero ma ciascuno, secondo la sua vocazione e il suo ruolo sociale può fare ancora di più: l’anno che comincia oggi, difficile e incerto, sarà un nuovo banco di prova sul quale ciascuno scriverà pezzi di storia che possano stupire così come si resta a bocca aperta quando i propilei di Piazza Duomo spuntano all’improvviso all’occhio del turista quando attraversa l’ultimo tratto di Via Palmieri. Il prossimo 1° gennaio dalle finestre della piazza vorremmo scoprire e raccontare finalmente il prodigio: sarà bellezza infinita. Buon anno.

 

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