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Social network: strumenti di libertà o di cattività per la web-generation, spesso priva di accompagnamento e di guida?

È proprio necessario “accendere un faro”, per conoscere e intervenire positivamente nella quotidiana attività su Internet dei ragazzi.

Cioè sul modo di socializzare da parte dei nativi digitali, che, diversamente dai loro genitori che utilizzavano il tempo libero per ritrovarsi in sedi associative, aggregarsi in luoghi di comune ritrovo, recarsi al cinema, andare a una passeggiata o alla partita della squadra cuore, fare shopping, spesso frequenta invece gli altri adolescenti sulla Rete, magari scambiando pure foto e video senza la presenza e l’assistenza di un adulto.

Desta notevole attenzione un’indagine commissionata e pubblicata in questi giorni da QN Quotidiano Nazionale sulle attività digitali dei minorenni, quasi tutti naviganti nel web, consapevoli in larga parte dei pericoli e nello stesso tempo attivi nell’esibire foto sui social e disposti ad accogliere proposte d’intrattenimento con chat da parte di anonimi.

Senza che normalmente vi siano genitori, educatori e docenti che li aiutino e li guidino nel conoscere ed evitare pericoli. Mentre spesso gli stessi preadolescenti rivendicano nei loro confronti addirittura piena libertà e riservatezza.

Come se i social fossero sempre innocui strumenti di abboccamento e di colloquio.

Come se aprirsi facilmente a confidenze sui social network non fosse relazionarsi sconsideratamente con sconosciuti.

Come se gli educatori che pure sul web si preoccupano direttamente dell’armonico e completo sviluppo della loro personalità fossero intrusi controllori che ledono la libertà e la privacy.

Certamente, la vita digitale dei giovanissimi esperti di multi-tasking favorisce tante comunicazioni, scambi di opinioni, sviluppo di conoscenze e rapporti comunitari, incremento di partecipazione alla vita pubblica…

Ma costituisce anche motivo di molta riflessione l’ammissione della maggioranza di papà e mamme, non di rado essi stessi poco inseriti nel mondo delle moderne tecnologie e dei social, di non riuscire a vigilare sulle scelte e le attività nell’uso d’Internet da parte dei figli non ancora maggiorenni. Cioè sulla vita digitale di adolescenti che pubblicamente espongono il loro vissuto intimo.

Sono gli stessi genitori, secondo la suddetta indagine, a dichiarare, infatti, con una percentuale del 55%, di non farcela a controllare i figli che navigano nel web.

I motivi sono certamente molteplici. Ma in tanti casi si può parlare di disimpegno di chi non solo non è nato nella vita digitale, ma nel 2019 non è nemmeno è responsabilmente emigrato nel mondo dei social?

 

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