Per Anna (la chiameremo così per rispettare la sua volontà ma soprattutto per tutelarla da possibili ritorsioni) era iniziata una domenica come tutte le altre. Famiglia e lavoro: come ogni santo giorno.
Poi l'imprevedibile. Una chiamata: deve correre in ospedale per accompagnare una familiare colpita da un improvviso malore mentre in chiesa assiste alla messa festiva. Destinazione “V. Fazzi”: “lì già conoscono il caso, meglio farsi qualche chilometro in più e non lasciarsi prendere dalla tentazione di accompagnarla al pronto soccorso più vicino”.
Ma l'arrivo veloce a Lecce, nonostante la bufera di stamattina, presto si trasforma in un incubo. Come se già non fosse sufficiente l'ansia e la preoccupazione per ciò che era successo in chiesa un'ora prima.
Accompagna al pronto soccorso la signora e si allontana con l'auto per cercare il parcheggio più vicino.
E qui inizia l'altra storia. Una di quelle che uno mai avrebbe voglia di raccontare, men che meno alla vigilia della Giornata con il bollino rosso. Prevaricazione, violenza fisica, minacce, furto... Urla, terrore, disperazione per tutta risposta.
Gli altri ne hanno già parlato nel primo pomeriggio quando nelle redazioni è giunta la velina della Polizia di Stato: quasi un fatto di cornaca di routine. Uguale a tanti fatti di nera che rendono meno noiose certe giornate grigie.
Ma la cronaca la lasciamo agli altri. La nostra mission è un'altra, da sempre. Anche perché questa volta la vicenda ci tocca: Anna non è una donna qualsiasi. È la sfumatura rosa più appassionata - non me ne vogliano gli altri petali - dello straordinario cespuglio di Portalecce: tutta casa, famiglia e giornale. Il nostro.
Ed è la protagonista - suo malgrado vittima - della parabola di oggi, a poche ore dalla giornata di rosso vestita. Per fortuna il finale seppur non lieto non è stato drammatico. Il reo è stato preso, la refurtiva restituita e soprattutto Anna sta bene: solo tanta paura insieme a uno stress non facile da assorbire in poco tempo: “e se il giudice lo rilascia subito e poi mi cerca e me la fa pagare?”.
Di qui anche una certa resistenza a sporgere denuncia. Poi l'ha fatto.
Generosa come poche, alla fine di una giornata da dimenticare, un solo desiderio, anzi due: ringraziare e poi ...ringraziare. Prima di tutto l'intervento tempestivo delle forze dell'ordine: “Alla fine, anche se l'idea mi terrorizzava, ho denunciato – parole sue -. Non mi sarei mai perdonata per aver messo a rischio altre ragazze, magari più indifese di me”.
E poi un altro desiderio: rintracciare quella giovane coppia che per prima si è accorta “dell'agguato” e che subito l'ha soccorsa e ha lanciato l'allarme: “Soprattutto a loro devo dire grazie. Senza di loro non so come sarebbe andata a finire”.
Certo, grazie. La parola che contagia e che sulla bocca di Anna ha piantato le sue radici.