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Occuparsi di comunicazione è un privilegio, basta rileggere il titolo scelto dal Santo Padre per la Giornata delle comunicazioni sociali, per accorgersene: “Perché tu possa raccontare, fissare nella memoria” La storia si fa vita.

In quel “perché tu possa” c'è tutta la pienezza del dono della comunicazione, che ha l'essere umano e, in particolare, chi si occupa di comunicazione.

È molto di più di un mero passaggio di informazioni: c’è la vita in gioco e allora comunicazione non puoi limitarsi a trasferire dati, cui segue un voltare le spalle a chi riceve. La comunicazione non può avere a che fare con il verbo “andare”, andare via dopo aver consegnato i dati, ma dovrebbe avere a che fare con il verbo "restare".

Restare nella realtà, che è destinataria delle informazioni, dei dati, delle notizie, perché quei dati possano essere oggetto di riflessione condivisa.

La comunicazione può essere servizio alla verità che non è mai di un singolo- Chi si occupa di comunicazione ha tra le mani la vita, prima della storia dei singoli e poi collettiva.

È un privilegio da cui può dipendere l'intrecciarsi di trama e ordito; la corrispondenza tra fronte e retro.
Anche a livello locale possiamo e dobbiamo tessere fili, fare rete e intrecciare le storie quotidiane della nostra gente, creando un rapporto forte col passato che è da insegnare alle generazioni nuove, spesso svincolate da radici.

 

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