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Siamo guidati dall'istinto: incontriamo l'amico che non vedevamo da tempo e le braccia si protendono, ma dobbiamo bloccare lo slancio spontaneo.

 

 

In ciascuno di noi c'è la certezza che la fine del lockdown di marzo non ha prodotto la fine del virus, e nemmeno quello successivo.
Il timore più grande è che questa condizione possa diventare l'abitudine della nostra esistenza. Sono saltate le nostre modalità di relazione, le regole del nostro convivere, ma soprattutto la spontaneità. Il bambino che fa una carezza al fratellino è un gesto che dà calore, la spontaneità accade, è difficile controllarla. Allora dobbiamo tornare all'inizio: se le mie braccia si muovono per abbracciare l'amico che non vedo da anni, il mio corpo sa che c'è un pericolo invisibile, mentre sente la voglia di abbracciarsi che circola nel corpo. Se l’ascolto non devo essere ingenuo, ma neanche paralizzato! Devo scoprire il modo, anzi quel modo sarà spontaneo. Laddove il Coronavirus ci inchioda può donarci una nuova spontaneità, non quella scontata dell'abbraccio, non quella imposta dell'orribile "gomito contro gomito" ma quella di ciascuno di noi.

 

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