Quello di oggi è il “Natale Covid”: dopo la Quaresima in quarantena, e la Pasqua a porte chiuse, l’estate delle illusioni e l’autunno della rimonta, questo virus, come un Grinch maligno e invisibile, ha deciso di prendersi anche il nostro Natale: l’unico lume che ne rimane, e non è certo poco, è la possibilità di partecipare alle celebrazioni liturgiche, pur con mille cautele.
Ma il Natale non è solo la messa di Natale: essa ne è il cuore, ma il Natale è un complesso di fattori per i quali, come già scriveva Ratzinger ne La paura e la speranza, “per un istante Chiesa e mondo sembrano riconciliarsi”. Ebbene, questi fattori stavolta non ci saranno: sarà un Natale senza ritrovi di familiari, senza banchetti, senza libertà di spostamenti, eventi, ecc.
Un Natale che ci troverà fermi, bisognosi di una visita che ci salvi: dalla delusione di riti abitudinari infranti, dall’angoscia di un virus che non cessa di minacciarci trasformandosi in continuazione, dal peso di noi stessi e delle nostre emozioni non condivise.
Ed ecco la novità che, in pochi o in tanti (ma distanziati), canteremo per la prima volta in questo Natale così fatto: “Pace in terra agli uomini amati dal Signore”.
Sì, lo sappiamo tutti che questa traduzione è migliore, più letterale… il punto è che arriva ora, nel Natale del Covid, come messaggio di vicinanza da parte di Dio.
Noi non siamo quelli “di buona volontà”: chiunque guardi seriamente in se stesso, scoprirà tutt’al più un certo digrignar di denti, ma non certo una volontà autenticamente filiale, una determinazione ininterrotta al meglio. Abbiamo provato a sforzarci, e abbiamo fallito.
No: noi per fortuna siamo quelli “amati dal Signore”. È Lui che viene a visitarci, che viene a prelevarci dalle tenebre e dall’ombra della morte in cui sediamo, per ridirci chi siamo. È Lui che ci invita ad accogliere il suo amore, così che esso inabiti la solitudine di questo Natale, e ci permetta di vivere nella nostra carne il mistero della Sacra Famiglia, così minacciata e incerta in quel Natale.
E la prova che siamo invitati a questa identificazione è lampante: proprio il 21 di questo mese è riapparsa la “stella di Betlemme”, cioè la congiunzione di Giove e Saturno, che allora guidò i Magi a quella grotta, e oggi invita noi, nei nostri attuali deserti, a raggiungere il Divino infante in noi, così da bearci della sua luce soltanto.