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La famiglia appare sempre di più come l’istituzione sociale che sta pagando il prezzo più caro alla diffusione del virus.

 

 

Ormai è acclarato. Quello che era soltanto un sospetto, un timore, un’impressione è stato confermato anche dalle statistiche: durante il periodo della pandemia le separazioni sono aumentate del 60%.

Il dato è troppo consistente per essere imputato a quello che gli studiosi di statistica indicano come la naturale variabilità di un fenomeno. Esso conferma invece, in modo drammatico, che una delle principali vittime del periodo funesto che stiamo attraversando sono, appunto, i legami coniugali.

La ricerca delle cause che hanno portato a questa situazione è un’impresa difficile e non può esaurirsi nello spazio limitato di un articolo. Tuttavia, delle riflessioni sul dato si rendono non soltanto opportune, ma anche necessarie, non fosse altro che per sottolineare l’esigenza di un approfondimento che appare sempre più urgente e indifferibile.

L’evidenza statistica lascia emergere tra le righe un aspetto che merita con tutta probabilità una marcata sottolineatura. Se è vero, infatti, che l’incremento esponenziale delle separazioni si è verificato in concomitanza con l’espandersi del Covid-19, non è sicuramente il Covid-19 la causa prima che lo ha determinato.

L’evento pandemico ha probabilmente fatto emergere debolezze sopite, problematiche eluse e spesso rinviate; insomma, il Coronavirus non ha indotto le criticità; semplicemente, le ha portate alla luce.

La riduzione delle occasioni di socialità, il restringimento nelle mura di casa ci ha costretti a guardarci negli occhi… e a scoprirci profondamente incapaci di farlo.

Gli stili di vita indotti dalla pandemia, insomma, hanno tolto il velo sulle nostre debolezze. Ci hanno quasi “sbattuto in faccia” che i nostri legami, che credevamo fondati sugli incontri, sono invece semplicemente costruiti sulla superficialità dei contatti (l’allusione al mondo dei social è intenzionale e voluta); che la trama delle relazioni familiari, più che sulle relazioni e sugli attaccamenti, è in realtà fondata sulle abitudini e sulle routine, per cui venute meno quelle, davanti a molti di noi si è aperta la voragine del vuoto lasciato dall’assenza di legami significativi.

Il virus insomma, ha messo in evidenza un dato anche questo abbastanza evidente: che il problema, che pensavamo essere fuori di noi, in realtà è dentro di noi, anzi, siamo noi.

Tutto questo, però, non è necessariamente un male. Se il disagio, infatti, attiene ai dinamismi del mondo interno e non riguarda soltanto “le cose là fuori”… allora questo vuol dire che quel problema non ci sovrasta, che la sua gestione è nelle nostre mani. Possiamo, infatti, non avere il pieno controllo di ciò che accade là fuori… ma sicuramente possiamo avere una maggiore capacità di controllo su ciò che accade “qui dentro”, nella nostra soggettività, nei sentieri più reconditi dell’anima.

La parola chiave per venir fuori dalla crisi, allora, è una soltanto: conversione. Conversione dai contatti agli incontri, dalle prassi alle relazioni, dalle routine omologanti ai significati autentici delle cose. Per questo abbiamo ancora speranza. E farla vivere, oppure lasciarla morire, dipende soltanto da noi.

 

Forum Famiglie Puglia