Il Mercoledì delle Ceneri 2020 ci introdusse in una Quaresima imprevedibile ed eloquente: la Quaresima della pandemia e della quarantena. Alla Quaresima poi si sono succedute la Pasqua della pandemia e, dopo l’illusoria tregua dell’estate, il riavvio lavorativo della pandemia e il Natale della pandemia.
E ora, eccoci di nuovo all’inizio della Quaresima, dopo una messa delle ceneri che potrebbe benissimo, almeno a detta di non pochi esperti, ripiombarci in un’altra quarantena. Il punto è: cosa ci è rimasto di quella precedente? Cosa abbiamo imparato da essa?
Mi fu chiesto di tenere un diario quotidiano di quella Quaresima tanto particolare: ricordo i timori, le scoperte, le sorprese, le speranze, i drammi, le vittorie, le sconfitte (soprattutto della scuola e del mondo del lavoro). L’anno scorso ci è stata data la possibilità di vivere fino in fondo il deserto, e lì scoprire la voce di Dio che parla al nostro cuore anche quando i riti ci sono impediti; abbiamo assaporato la quiete, il rallentamento, il silenzio; abbiamo potuto verificare, sperimentare, la tenuta delle nostre relazioni, sia quelle con cui abbiamo dovuto convivere continuativamente, sia quelle che sono d’un tratto divenute irraggiungibili tanto quanto la liturgia: solitudine, ed eccesso di vicinanza o di distanza, hanno preso per noi tutti un altro significato.
Abbiamo poi visto il mondo naturale che riprendeva a respirare, sollevato dal peso abituale del nostro tran tran.
Tutto sembrava predisporci a un cambiamento sostanziale, e l’accidentale poteva benissimo divenire il provvidenziale passaggio di una felice evoluzione… poi man mano abbiamo riaperto tutto, facendo finta che il mostro fosse stato ucciso definitivamente. Abbiamo ripreso a consumare, a girare, a dimenticare. Dovevamo andare oltre, e invece ci siamo lamentati del fatto che su tante cose non siamo potuti tornare indietro.
Ed eccoci di nuovo qui: assediati dal mostro che non era affatto morto, e che anzi ora muta per sopravvivere, insidiati dalla possibilità di dovere di nuovo rintanarci per non farcene vettori ignari, condannati a un tracollo economico senza precedenti. Non abbiamo voluto imparare dalla crisi precedente, ed eccoci in una nuova crisi, per certi versi peggiore della prima.
Cosa dovrà permettere il Dio a cui chiediamo di non abbandonarci alla tentazione, pur di abbattere la durezza dei nostri cuori? “Dio non ha creato la morte e non gode per la rovina dei viventi. Egli infatti ha creato tutte le cose perché esistano; le creature del mondo sono portatrici di salvezza, in esse non c’è veleno di morte, né il regno dei morti è sulla terra.” (Sap 1, 13-14).
Dio non è l’autore della pandemia, che non è che uno degli effetti della natura decaduta e nemica di se stessa, ma in essa ci dà luci per interpretare col suo sguardo le situazioni e trarne un progresso morale e spirituale, per cambiare e crescere - ma noi, quando impareremo?
Cosa dobbiamo ancora affrontare, prima di capire che non si vive di aperitivi, viaggetti, furbizie, menefreghismo e ignoranza? Ancora una volta, senza stancarci, noi cristiani dobbiamo assumere con i nostri comportamenti e le nostre parole un ruolo profetico, e questo dovremo tornare a fare ogni volta che sarà necessario, cioè in ogni crisi della storia. Senza appiattirci a nostra volta su mentalità perdenti, tutte rivolte al restauro del passato o alla fretta del consumo, dobbiamo tornare a scomodare, inquietare, provocare i nostri contemporanei, offrendo loro al contempo una speranza e una vita alternativa possibile, che miri alla definitiva riconciliazione tra noi, Dio e questo povero mondo martoriato dai nostri peccati.
Sì, indubbiamente avremo parecchio materiale su cui riflettere e far riflettere anche in questa Quaresima 2021.