L’Obolo di San Pietro è l’occasione per aiutare il Papa a farsi ancora più vicino a tutti, specialmente a chi soffre. La Giornata per la carità del Papa che si celebra domenica 30 giugno segnala alle comunità di tutto il mondo la possibilità di fare donazioni per l’Obolo di San Pietro e sostenere così la missione del vescovo di Roma.
“Il servizio del Successore di Pietro offerto alla Chiesa universale e al monto intero - spiega l’arcivescovo Michele Seccia - si concretizza ogni anno nella missione di pace, di carità, di vicinanza a quanti si trovano in difficoltà”.
L’Obolo di San Pietro l’aiuto economico che i fedeli offrono al Santo Padre come segno di adesione alla sollecitudine per le molteplici necessità della Chiesa universale e per le opere di carità in favore dei più bisognosi. Il contributo dell’obolo al Papa, per l’esercizio della sua missione universale, si manifesta in due modi: nel finanziare le tante attività di servizio svolte dalla Curia (formazione del clero, comunicazione, promozione dello sviluppo umano integrale, dell’educazione, della giustizia, etc.) e nel contribuire alle numerose opere di assistenza materiale diretta ai più bisognosi.
“Il Papa, come Pastore di tutta la Chiesa - prosegue Seccia -, si preoccupa sia delle necessità di evangelizzazione (spirituali, educative, di giustizia, di comunicazione, di carità politica, di attività diplomatica…) che delle necessità materiali di diocesi povere, istituti religiosi e fedeli in gravi difficoltà: poveri, bambini, anziani, emarginati, vittime di guerre e disastri naturali; aiuti particolari a vescovi o diocesi in necessità, educazione cattolica, aiuto a profughi e migranti… Per questo – continua l’arcivescovo rivolgendosi in primis ai sacerdoti e di conseguenza all’intera comunità diocesana - nessuno, se credente, deve sentirsi esonerato dall’essere concretamente vicino a Papa Francesco. La sua missione è la missione di ogni battezzato”.
“Invito soprattutto i parroci - rileva il pastore leccese - a informare e a responsabilizzare ogni fedele. Ciascuno di noi è invitato ad offrire il suo contributo nella chiesa dove partecipa alla messa domenicale, anche nelle marine della nostra diocesi. Piccolo o grande che sia, a seconda della propria disponibilità e generosità, è un gesto semplice che ci fa crescere in carità e nella comunione con la Sede apostolica”.
Come donazione al Successore di Pietro, l’Obolo prese forma stabile nel VII secolo, con la conversione degli Anglosassoni, in collegamento con la festa dell’apostolo a cui Gesù ha affidato la sua Chiesa. È poi cresciuto nei secoli successivi con l’adesione al cristianesimo degli altri popoli europei, sempre come un contributo di riconoscenza e attenzione al Papa, quale espressione di unità e di corresponsabilità ecclesiale. Sono stati poi i vescovi di tutto il mondo, riuniti nel Concilio Vaticano II agli inizi degli anni ‘60, a riassumere ed illuminare il significato dei beni materiali per la Chiesa. Attraverso le donazioni all’Obolo vengono garantite non solo le attività dei Dicasteri della Curia romana che assistono ogni giorno il Papa nell’esercizio del suo ministero, ma anche numerosi progetti di solidarietà in favore dei più bisognosi.
“L’Obolo di San Pietro - conclude Seccia - è un modo concreto per rafforzare il senso di appartenenza alla Chiesa e il nostro amore per il vescovo di Roma, che presiede tutte le Chiese nella carità. Chi dona all’Obolo non solo aiuta il Papa ad aiutare chi soffre, ma partecipa alla sua missione di annuncio del Vangelo e coopera al servizio che il Papa offre alle Chiese locali attraverso i dicasteri della Santa Sede e la rete dei suoi rappresentanti nel mondo, sostenendo la promozione dello sviluppo umano integrale, l’educazione, la pace, la giustizia e la fraternità”.
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